Pubblichiamo un nuovo contributo dell’avvocato Elisabetta Soavi, che, nell’ambito della collaborazione avviata con l’OMCeO Piacenza, commenta alcune significative sentenze, in particolare della Corte di Cassazione, in ambito di responsabilità medica.
Nel testo che segue l’avvocato Soavi prende in esame un pronunciamento della Corte Suprema che si è occupata del caso di una paziente deceduta dopo aver rifiutato il ricovero ospedaliero proposto dal personale medico, pur avendo questi ultimi omesso una corretta diagnosi di ischemia celebrale.
Un paziente che rifiuta il ricovero ospedaliero esclude, di regola, la responsabilità del personale medico anche in caso di successivo decesso. Tuttavia, occorre sempre indagare sulla formazione della volontà espressa dal paziente dopo essere stato informato circa il proprio stato di salute e i relativi rischi. In tal senso si è espressa la Cassazione con l’ordinanza n. 21362 del 30 luglio 2024, sul caso di una donna che ha rifiutato il ricovero ospedaliero e poi è deceduta per ischemia celebrale in altro ospedale, quando ormai le condizioni di salute erano critiche. In particolare, in un primo momento, la paziente era giunta al Pronto Soccorso dell’Ospedale San Carlo e aveva manifestato il proprio dissenso all’indicazione di ricovero. Successivamente, in seguito ad un secondo accesso al pronto soccorso del Policlinico Gemelli, è emersa una condizione embolica encefalica già in atto e diagnosticabile dal personale sanitario del pronto soccorso dell’Ospedale San Carlo ove era stata visitata pochi giorni prima.
I Giudici di secondo grado avevano ritenuto che, pur a fronte di un errore medico consistente nell’omessa diagnosi di ischemia celebrale, il rifiuto del ricovero opposto dalla paziente era un fatto idoneo a configurare un concorso colposo della vittima poiché “in ambiente ospedaliero, il paziente - che può essere seguito da una equipe di medici - è molto più tutelato per cui è normale pensare che il danno procurato dall’errore terapeutico (...) avrebbe potuto essere attenuato”. Tale ragionamento ha portato i Giudici di merito a decurtare della metà il risarcimento del danno spettante ai prossimi congiunti della vittima attribuendo al rifiuto del ricovero un’incidenza causale sul decesso pari al 50 per cento. La Cassazione con la pronuncia in esame, superando la valutazione con cui i Giudici di secondo grado hanno ritenuto di dover ascrivere un paritetico concorso di colpa alla danneggiata, ha affermato che il rifiuto a farsi ricoverare non determina in automatico l’esclusione della responsabilità dei medici, dovendo anzitutto verificare se la volontà espressa dalla paziente è stata resa sulla base di una corretta e puntuale informazione. Nella motivazione dell’ordinanza in esame si legge che “proprio a fronte dell’errore di diagnosi inizialmente commesso, la paziente non era in grado di comprendere se il mancato ricovero potesse o meno esporla al rischio di ulteriori e gravi peggioramenti di salute. Ciò al netto della necessità di verificare se, e in che termini, un ricovero tempestivo avesse o meno consentito un diverso esito della patologia”.
Come già indicato in un precedente commento ad altra sentenza della Corte di Cassazione in tema di consenso informato e a cui si rimanda (v. La parola dei Giudici del 29 agosto 2023 “Consenso informato e diritto all'autodeterminazione”), il consenso del paziente, oltre che informato, dev’essere consapevole, completo, globale ed esplicito. Vale la pena ricordare i principi fondamentali in tema di consenso informato nel nostro ordinamento. In primo luogo quello previsto, l’art. 1 comma 3 della L. n. 219/2017, in base al quale “ogni persona ha il diritto di conoscere le proprie condizioni di salute e di essere informata in modo completo, aggiornato e a lei comprensibile riguardo alla diagnosi, alla prognosi, ai benefici e ai rischi degli accertamenti diagnostici e dei trattamenti sanitari indicati, nonché riguardo alle possibili alternative e alle conseguenze dell’eventuale rifiuto del trattamento sanitario e dell’accertamento diagnostico o della rinuncia ai medesimi”.
Soltanto se correttamente informato il paziente può liberamente autodeterminarsi e decidere se assumere, o meno, i rischi del mancato ricovero; in tal caso (art. 1, comma 6, legge 219/2017) “il medico è tenuto a rispettare la volontà espressa dal paziente di rifiutare il trattamento sanitario o di rinunciare al medesimo e, in conseguenza di ciò, è esente da responsabilità civile o penale”.
Elisabetta Soavi
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