Pubblichiamo un nuovo contributo dell’avvocato Elisabetta Soavi, che, nell’ambito della collaborazione avviata con l’OMCeO Piacenza, commenta alcune significative sentenze, in particolare della Corte di Cassazione, in tema di responsabilità medica. Nel testo che segue l’avvocato Soavi si occupa di un pronunciamento della Corte Suprema che ha confermato la responsabilità penale del capo di una équipe chirurgica, la cui posizione di garanzia impone una collaborazione attiva e continua con infermieri nelle operazioni di controllo degli strumenti

La Suprema Corte con la sentenza Cass. Pen. Sez. IV, sent. n. 392/2022, si è espressa sulla posizione di garanzia rivestita dal capo chirurgo dell’équipe operatoria nell’ambito della verifica del materiale impiegato per l’intervento. La Corte di Cassazione ha ritenuto di aderire agli argomenti sostenuti dai Giudici del Tribunale e della Corte d’Appello sull’accertamento della responsabilità penale del primo operatore dell’équipe e dell’infermiera della Sala Operatoria per il reato di lesione personale colposa (art. 590 c.p.). Si legge nella motivazione dei Giudici che, “per colpa consistita, in negligenza, imprudenza, ed imperizia e nella violazione delle regole stabilite dalle Raccomandazioni del Ministero della Salute, in materia di prevenzione di ritenzione delle garze, strumenti o materiali all’interno del sito chirurgico, cagionavano un ascesso retroperitoneale fistolizzato al colon, causato da una garza laparotomica dimenticata nell’addome, a seguito di intervento chirurgico di isteroannessiectomia radicale, da cui derivava una malattia con prognosi superiore ai quaranta giorni”.

La Cassazione, esaminato il caso, prima di confermare quanto dedotto nelle motivazioni delle sentenze dei Giudici del Tribunale e della Corte d’Appello, ripercorre quelli che sono stati gli sviluppi della disciplina della professione infermieristica nel corso del tempo. Gli interventi legislativi hanno delineato una figura professionale caratterizzata da autonomia operativa. Nella motivazione della sentenza della Corte di Cassazione si legge che “Il rapporto fra infermiere e medico, non si esprime più in termini di subordinazione, ma in chiave di collaborazione nell’ambito delle rispettive sfere di competenza, con conseguente assunzione di una specifica ed autonoma posizione di garanzia da parte dell’infermiere in ordine alla salvaguardia della salute del paziente, il cui limite è l’atto medico in sé”. In particolare, viene in considerazione la Raccomandazione del Ministero della Salute n. 2 del 2008 per la prevenzione della ritenzione all’interno del sito chirurgico di garze, strumenti o altro materiale chirurgico.

In tale Raccomandazione si legge che ‘il conteggio ed il controllo dello strumentario deve essere effettuato dal personale infermieristico (strumentista, infermiere di sala) o da operatori di supporto, preposti all’attività di conteggio. II chirurgo verifica che il conteggio sia stato eseguito e che il totale di garze utilizzate e rimanenti corrisponda a quello delle garze ricevute prima e durante l’intervento’. Ancora, è stabilito che ‘La procedura di conteggio deve essere effettuata a voce alta e ‘da due operatori contemporaneamente (strumentista, infermiere di sala, operatore di supporto)’. Dal testo della Raccomandazione emerge che a tutti gli operatori coinvolti nell’atto chirurgico compete l’obbligo di controllare lo strumentario adoperato per scongiurare l’evento lesivo.

La Cassazione, muovendo da tali premesse, ricorda che anche il chirurgo è tenuto ad assicurarsi “con certezza dell’assenza di ritenzione interna al sito chirurgico di garze o strumenti, prima di procedere alla sua chiusura. Siffatto onere non consiste solo nel mero controllo formale dell’operato altrui, ovverosia nel controllo dell’esecuzione del conteggio affidata all’infermiere (ferrista) e del risultato di parità, ma attiene ad un dovere proprio del chirurgo di evitare, il prodursi di un evento avverso connesso alla ritenzione di materiale nel corpo del paziente, derivante dalla posizione di garanzia che egli assume con l’atto operatorio”. L’obbligo di diligenza che deve essere rispettato da tutti i componenti dell’équipe sull’utilizzo delle garze e degli strumenti in sala operatoria, risponde al principio della prevedibilità ed evitabilità delle conseguenze derivanti dal mancato completo “sgombero del campo operatorio”. Non si ritiene sufficiente provvedere solo alla procedura di conteggio e verifica dello strumentario al termine dell’intervento ma è necessario il continuo monitoraggio del campo operatorio anche durante l’esecuzione dell’intervento chirurgico. I Giudici della Cassazione, in particolare, aderiscono ad un orientamento della giurisprudenza secondo cui “il principio di affidamento non trova applicazione nei confronti della figura de capo equipe” (v. Cass. Pen. Sent. n. 33329/2015).

La posizione di garanzia che riveste il capo chirurgo impone, quindi, una sua collaborazione attiva e continua con infermieri nelle operazioni di controllo degli strumenti. Tale onere si conclude con la suturazione della ferita da parte del capo dell’équipe. Non è pertanto sufficiente ai fini dell’esenzione da colpa aver firmato la scheda infermieristica sulla conta delle garze presenti a inizio e a fine operazione, ma è necessario dimostrare di aver proceduto a richiudere il taglio solo dopo aver avuto conferma dal capo infermieristico. Concludendo, sulla base di quanto sopra esposto, la Corte di Cassazione ha confermato la responsabilità penale del capo dell’équipe chirurgica per aver omesso l’ispezione del sito chirurgico prima di provvedere alla suturazione dei tessuti. Ciò in virtù del dovere di diligenza cui è tenuto il chirurgo nell’esecuzione di un intervento dall’inizio alla sua conclusione.

Elisabetta Soavi

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