Pubblichiamo un nuovo contributo dell’avvocato Elisabetta Soavi, che, nell’ambito della collaborazione avviata con l’OMCeO Piacenza, commenta alcune significative sentenze, in particolare della Corte di Cassazione, in ambito di responsabilità medica.
Nel testo che segue l’avvocato Soavi si occupa di un pronunciamento della Corte Suprema in tema di domanda di risarcimento formulata dai congiunti di un paziente deceduto: per i giudici le condizioni patologiche preesistenti del paziente devono essere riguardate come concause dell’evento, ma "sono irrilevanti agli effetti della determinazione e commisurazione della responsabilità".
Il caso trattato dalla sentenza della Corte di Cassazione in esame (Cass. Civ. Sez. III, ord. 24 ottobre 2023 n. 31058) ha riguardato la richiesta di risarcimento dei danni subiti dai prossimi congiunti di un uomo di cinquantacinque anni deceduto in ospedale per un grave ictus cerebrale. In particolare, in un primo momento, il paziente veniva ricoverato con diagnosi all'ingresso di "ictus cerebrale ed emiparesi lato dx, per lesione vascolare cerebrale a sinistra con infarcimento secondario". Una volta dimesso, durante la degenza in un centro riabilitativo, il paziente, in preda a ripetute crisi convulsive, veniva di nuovo ricoverato in ospedale ove gli veniva diagnosticata “l'avvenuta insorgenza di un nuovo ictus cerebrale all'emisfero di destra, per il quale rimaneva in un gravissimo stato di salute per oltre tre mesi sino alla data del decesso”. I parenti che avevano instaurato la causa contro l’azienda ospedaliera per ottenere il risarcimento dei danni, sostenevano che il personale sanitario coinvolto aveva “omesso adeguato monitoraggio del paziente dal ricovero alle dimissioni, avvenute dopo appena sei gg. dall'episodio ischemico cerebrale, senza neppure la prescrizione di un idoneo programma terapeutico e di controlli specialistici e strumentali, disponendo invece il rinvio a domicilio con erronea prescrizione di precoci terapie riabilitative da effettuarsi presso il Clinic Center, in cui fra l'altro non erano disponibili posti letto e che non era attrezzato a gestire un paziente ad alto rischio di vita; ciò sull'assunto che il secondo e più grave episodio ischemico cerebrale si sarebbe potuto evitare, con alta probabilità, se fosse stato evitato lo stress riabilitativo al quale il paziente fu precocemente sottoposto e se non fossero state omesse le cure necessarie in tempi e in modi adeguati”.
La domanda di risarcimento dei danni presentata dai familiari del defunto è stata respinta in primo grado dal Tribunale, che ha ritenuto non sussistente la responsabilità dei medici. La Corte d’Appello, alla luce di una nuova consulenza tecnica d’ufficio (CTU) ha ribaltato la decisione di primo grado poi confermata dalla sentenza della Suprema Corte in esame. Secondo il consulente nominato, “il caso in esame non implicava la soluzione di problemi tecnici di speciale difficoltà; tale carenza assistenziale ha configurato perdita di chances di sopravvivenza; tenendo conto dei dati della letteratura, delle comorbilità e di soggetto ictato in giovane età, appare congruo postulare una "perdita di chances" del 30%, rispetto all'evento-morte, in ordine al danno biologico iure hereditatis, essendo tra l'altro intercorso un congruo intervallo cronologico tra l'esordio dell'evento letale ed il decesso”. Anche per i giudici della Cassazione, la condotta dei sanitari ha costituito una concausa che ha determinato la morte del paziente, insieme alle condizioni patologiche preesistenti. Secondo quanto emerso dalla nuova consulenza tecnica d’ufficio, le omissioni dei sanitari contestate non si sono inserite “in un processo irreversibile che avrebbe comunque portato al secondo ictus e poi al decesso. Invece, l’interruzione del farmaco ha costituito una determinante concausa del secondo ictus e della morte del paziente” tanto che, scrivono i giudici, “se fosse stata tenuta la condotta alternativa corretta, il decesso non si sarebbe verificato, secondo il criterio del “più probabile che non”.
Dunque, secondo la Cassazione, le condizioni patologiche preesistenti sono da considerare quali concause dell’evento (concause di lesioni) ma sono irrilevanti agli effetti della determinazione e della commisurazione della responsabilità.
Elisabetta Soavi
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