Il rapporto tra medico e paziente in tempi di comunicazione digitale e social è stato al centro del primo appuntamento de "I Mercoledì della Medicina", ciclo di incontri di carattere divulgativo organizzato dall'OMCeO Piacenza in collaborazione con la Fondazione di Piacenza e Vigevano, per informare i cittadini sull'importanza del Servizio Sanitario Nazionale e sulla necessità di garantirne la sostenibilità.

Tanti gli spunti di riflessione emersi nel corso dell’incontro, ospitato nel pomeriggio del 9 aprile a Palazzo Rota Pisaroni - che ha visto come relatrice Roberta Villa, medico e giornalista scientifica, che ha messo in luce punti di forza e rischi derivanti dall’uso dei social e delle nuove tecnologie. “Il nostro obiettivo - ha ricordato il Presidente dell’OMCeO Piacenza, Augusto Pagani, introducendo i temi oggetto di discussione - è quello di responsabilizzare i cittadini: se non riusciamo a remare tutti nella stessa direzione ed essere consapevoli che senza un’attenzione e una responsabilità comune non possiamo salvare il Servizio Sanitario Nazionale, andremo verso momenti molto difficili. Il rapporto tra medico e paziente vive della conoscenza, dell’esperienza, è un rapporto personale che non deve essere sostituito in nessun modo. L’Ordine professionale deve vigilare affinché i medici si comportino nel modo migliore possibile e fare in modo che siano da esempio, mantenendo saldi i principi del nostro Codice deontologico: l’empatia, l'attenzione al malato devono essere caratteristiche che sopravvivono al cambiare dei tempi e alle nuove tecnologie”.

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“Viviamo in un contesto di infodemia - ha spiegato Roberta Villa in apertura del suo intervento -, una quantità di informazioni talmente enorme da sovrastarci e rendere a volte difficile prendere decisioni ragionevoli, ma esiste anche un problema di qualità, un clima di disordine informativo che anche in tema di salute può esporci a molti rischi. C’è chi mette in atto una vera e propria disinformazione, con la volontà di diffondere false informazioni, ma vi è anche in parte un problema di “misinformation”, di una disinformazione involontaria che porta fuori strada rispetto a un contenuto studiato e ragionato. Tutti vorremmo un modo senza disinformazione, ma è molto difficile perché nessun algoritmo, nessun comitato di esperti, è in grado di esaminare milioni e milioni di informazioni, soprattutto se consideriamo tutte le sfumature o quelle verità che possono valere per determinati contesti ma non per altri”. Ma come si collocano i social media in questo contesto? I social hanno un ruolo - afferma Villa -, ma è sbagliato pensare all’equazione social uguale fake news: non è un problema di mezzo, ma di contenuti. I social hanno certamente una capacità di penetrazione molto profonda, un contenuto può avere una distribuzione planetaria, a volte inaspettata, in maniera molto rapida e con un impatto molto forte: proprio questa facilità di accesso al pubblico ha permesso in tanti casi ad organizzazioni e persone intenzionate a fare buona informazione di raggiungere una platea molto vasta. I social sono però anche strutturati in modo da creare un ambiente in grado di piacere ai singoli utenti e tenerli sulla piattaforma: vengono quindi proposti contenuti che, sulla base della profilazione che la piattaforma ha fatto di te, si pensa possano interessarti maggiormente. E così anche il tipo di informazione che ciascuno di noi riceve è in qualche modo influenzato dai dati raccolti dalle piattaforme”. Un altro concerto che caratterizza i social è quello della polarizzazione: “Ormai su qualunque argomento si crea un dibattito tra posizioni contrapposte, ma spostando ogni contenuto verso il bianco o il nero si perde il grigio, che caratterizza gran parte della realtà, aumentando il rischio di disinformazione”. “I social sono dei mezzi - ha ribadito quindi la relatrice - al cui interno possiamo mettere qualunque contenuto; non penso sia la disintermediazione in sé, quindi la capacità di accedere alla conoscenza, ad essere pericolosa: sicuramente va governata, bisogna cioè essere bravi a gestire queste informazioni e mantenere sempre alto il nostro spirito critico. Quando si tratta di prendere decisioni sulla nostra salute, il rapporto di fiducia con il nostro medico è ancora il punto di riferimento più solido che la maggior parte dei cittadini dice di avere”.

Temi dibattuti e approfonditi nella successiva tavola rotonda, moderata da Nicoletta Bracchi, responsabile Relazioni esterne Gruppo Libertà, e alla quale hanno partecipato anche il giornalista Giorgio Lambri e Sara Resi, medico di medicina generale. Sui social tutti si sentono “esperti” di tutto, dal calcio, alla politica internazionale, alla giurisprudenza e, purtroppo, anche alla medicina - ha osservato Lambri, facendo però notare come ci siano tanti aspetti che riguardano la salute delle persone veicolati correttamente e che in alcuni casi hanno contribuito a generare catene di solidarietà. La dottoressa Resi ha invece portato la propria esperienza di medico di famiglia: “Seguo 1700 pazienti - ha raccontato -, con età, bisogni e necessità differenti, quindi sicuramente la relazione ricopre un ruolo molto importante: quando conosco il paziente devo essere concentrata sulla sua storia, la sua persona, la sua famiglia”. Resi ha scelto di non utilizzare il sistema di messaggistica Whatsapp, preferendo una App specializzata attraverso la quale il paziente può comunicare con lei e prenotare direttamente un appuntamento: “Ho sempre avuto un approccio piuttosto tradizionale - visite e telefonate restano centrali - ma ritengo giusto cogliere il cambiamento e dare spazio alla tecnologia: oggi quasi tutti gli anziani possono contare su un caregiver che li può aiutare, e soprattutto i figli, vedendo una comunicazione molto facilitata e una risposta in tempi relativamente brevi - o anche brevi o brevissimi in base alla domanda - restano comunque soddisfatti e me lo dicono quotidianamente”. “In questo contesto - ha evidenziato Resi - il tema dell'educazione diventa fondamentale, è un investimento che si fa nel rapporto con il paziente. Il paziente ideale? Quello che si fida e con il quale si instaura un rapporto solido”.

Concetto ribadito in conclusione dal Presidente Pagani: “L’educazione del paziente, che significa la conoscenza reciproca tra paziente e medico, è alla base del rapporto di fiducia. La fiducia si conquista giorno dopo giorno e non è basata solamente sulla guarigione di una malattia, ma anche dal modo in cui il paziente e il medico interagiscono: qualche volta una carezza, un sorriso, una parola di consolazione, valgono più di tante altre cose. Oggi, alla luce di tutte le nuove tecnologie, bisogna essere in grado di governare il rapporto non diretto con il paziente, nella consapevolezza che il rapporto personale e diretto - che può essere in certi casi completato e facilitato attraverso la comunicazione digitale - non possa però in alcun modo essere abolito e sostituito”.