Pubblichiamo un nuovo contributo dell’avvocato Elisabetta Soavi, che, nell’ambito della collaborazione avviata con l’OMCeO Piacenza, commenta alcune significative sentenze, in particolare della Corte di Cassazione, in tema di responsabilità medica. Nel testo che segue l’avvocato Soavi, si occupa di un pronunciamento della Corte Suprema che ha confermato la responsabilità penale di un odontoiatria per aver sottoposto alcuni pazienti a radiazioni ionizzanti “Cone beam” senza poi effettuare alcun trattamento odontoiatrico. Le attività radiodiagnostiche complementari all’intervento – spiegano i giudici – devono essere contestuali, integrate e indilazionabili, rispetto all’espletamento della procedura specialistica.
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Una recente sentenza della Corte di Cassazione (Cass. Pen. Sez. III, sent. n. 36820 del 14 settembre 2022) ha affermato la responsabilità penale di un odontoiatra per aver sottoposto alcuni pazienti a radiazioni ionizzanti, c.d. “Cone beam” senza che questi venissero poi sottoposti ad un intervento impiantologico. La fattispecie penale che viene in questione nel caso di specie è quella contemplata dall’art. 14 comma 1 del D.Lgs n. 187/2000. Tale norma, seppur abrogata è di fatto stata riprodotta integralmente nel suo significato e per le conseguenze che determina a carico dei medici, dall’articolo 213, comma 1 del Dlgs 101/2020. Di fatto, si è determinata un’assoluta identica fattispecie di reato senza alcuna soluzione di continuità.
In particolare, nella nuova disciplina del 2020, gli artt. 157 e 158 riproducono pressochè letteralmente le omologhe previsioni degli artt. 3 e 4 dell’abrogato D.Lgs 187/2000. Per comodità di lettura si riportano i testi di tali due norme:
Art. 157: Applicazione del principio di giustificazione alle esposizioni mediche
“1. E’ vietata l’esposizione non giustificata.
2. Le esposizioni mediche di cui all’articolo 156, comma 2, lettere a), b), c) e d), devono mostrare di essere sufficientemente efficaci mediante la valutazione dei potenziali vantaggi diagnostici o terapeutici complessivi da esse prodotti, inclusi i benefici diretti per la salute della persona e della collettività, rispetto al danno alla persona che l’esposizione potrebbe causare, tenendo conto dell’efficacia, dei vantaggi e dei rischi di tecniche alternative disponibili, che si propongono lo stesso obiettivo, ma che non comportano un’esposizione ovvero comportano una minore esposizione alle radiazioni ionizzanti. In particolare: a) tutti i nuovi tipi di pratiche che comportano esposizioni mediche devono essere giustificate preliminarmente prima di essere generalmente adottate, tenendo altresì conto, ove pertinente, delle esposizioni dei lavoratori e degli individui della popolazione associate; b) i tipi di pratiche esistenti che comportano esposizioni mediche possono essere rivisti ogniqualvolta vengano acquisite prove nuove e rilevanti circa la loro efficacia o le loro conseguenze; c) il processo di giustificazione preliminare e di revisione delle pratiche deve svolgersi nell’ambito dell’attività professionale medico-specialistica, tenendo conto dei risultati della ricerca scientifica e delle linee guida riconosciute nell’ambito del Sistema nazionale di cui alla legge 8 marzo 2017, n. 24.
3. Il Ministero della salute può vietare, sentito il Consiglio superiore di sanità, tipi di esposizioni mediche non giustificati.
4.Tutte le esposizioni mediche individuali devono essere giustificate preliminarmente, tenendo conto degli obiettivi specifici dell’esposizione e delle caratteristiche della persona interessata. Se un tipo di pratica che comporta un’esposizione medica non è giustificata in generale, può essere giustificata invece per il singolo individuo in circostanze da valutare caso per caso.
5. Il medico prescrivente e il medico specialista, per evitare esposizioni non necessarie, si avvalgono delle informazioni acquisite o si assicurano di non essere in grado di procurarsi precedenti informazioni diagnostiche o documentazione medica pertinenti alla prevista esposizione.
6. Le esposizioni mediche per la ricerca clinica e biomedica sono valutate dal comitato etico istituito ai sensi delle norme vigenti.
7. Le esposizioni di cui all’articolo 156, comma 2, lettera e), che non presentano un beneficio diretto per la salute delle persone esposte, devono essere giustificate in modo particolare e devono essere effettuate secondo le disposizioni di cui all’articolo 169.
8. Le esposizioni di cui all’articolo 156, comma 3, devono mostrare un sufficiente beneficio netto, tenendo conto dei benefici diretti per la salute del paziente, dei possibili vantaggi per le persone di cui all’articolo 156, comma 3, nonché del danno che l’esposizione potrebbe causare; i relativi criteri di giustificazione sono indicati nell’allegato XXV.
9. Le esposizioni di cui all’articolo 156, comma 3, sono vietate nei confronti dei minori di diciotto anni e delle donne con gravidanza in atto.
10. Le strutture sanitarie competenti, con il concorso delle istituzioni e società scientifiche, predispongono una giustificazione specifica per le procedure medico-radiologiche da svolgere nell’ambito dei programmi di screening sanitario di cui all’articolo 156, comma 2, lettera c).
11. Il responsabile dell’impianto radiologico verifica che ogni procedura medico-radiologica condotta su un soggetto asintomatico ai fini della diagnosi precoce di una malattia rientri in un programma di screening sanitario o richieda una giustificazione documentata specifica per il soggetto interessato da parte di un medico specialista, in consultazione con il medico prescrivente, secondo le linee guida riconosciute dell’autorità competente e delle istituzioni e società scientifiche. Particolare attenzione è rivolta alla comunicazione di informazioni alla persona soggetta a esposizione medica, come previsto dall’articolo 159, comma 6”.
Art. 158: Applicazione del principio di ottimizzazione alle esposizioni mediche
“1. Tutte le dosi dovute alle esposizioni di cui all’articolo 156, comma 2, a eccezione delle procedure radioterapeutiche, devono essere mantenute al livello più basso ragionevolmente ottenibile e compatibile con il raggiungimento dell’informazione diagnostica richiesta, tenendo conto di fattori economici e sociali.
2. L’ottimizzazione comprende la scelta delle attrezzature medico-radiologiche, la produzione di un’informazione diagnostica appropriata o del risultato terapeutico, gli aspetti pratici delle procedure medico-radiologiche, nonché i programmi per la garanzia della qualità, inclusi il controllo della qualità, l’esame e la valutazione delle dosi o delle attività somministrate al paziente, tenendo conto dei fattori economici e sociali.
3. Per tutte le esposizioni mediche a scopo terapeutico di cui all’articolo 156, comma 2, lettera a), il medico specialista deve programmare individualmente l’esposizione dei volumi bersaglio, con un’appropriata verifica dell’erogazione, tenendo conto che le dosi a volumi e tessuti non bersaglio devono essere le più basse ragionevolmente ottenibili e compatibili con il fine radioterapeutico perseguito con l’esposizione.
4. Il Ministero della salute, avvalendosi dell’Istituto Superiore di Sanità, e con il concorso delle rilevanti società scientifiche, promuove la definizione e la revisione periodica di livelli diagnostici di riferimento per esami radiodiagnostici, tenendo conto dei livelli eventualmente raccomandati a livello europeo e, se del caso, per procedure di radiologia interventistica.
5. Il responsabile dell’impianto radiologico, ai fini dell’ottimizzazione dell’esecuzione degli esami in radiodiagnostica e medicina nucleare nonché delle procedure di radiologia interventistica, garantisce che si tenga conto dei livelli diagnostici di riferimento, laddove disponibili, tenendo conto delle indicazioni più aggiornate pubblicate dall’Istituto Superiore di Sanità e della linea guida in allegato XXVI.
6. Le procedure di giustificazione e di ottimizzazione della ricerca scientifica comportante esposizioni a radiazioni ionizzanti di cui all’articolo 156, comma 2, lettera d), si conformano a quanto previsto nell’allegato XXVII.
7. Nel caso di pazienti che accettano volontariamente di sottoporsi a trattamento sperimentale terapeutico o diagnostico e che si aspettano di ricevere un beneficio terapeutico o diagnostico da tale trattamento, il medico specialista programma su base individuale i livelli massimi delle dosi.
8. Particolare attenzione deve essere posta affinché la dose derivante da esposizione a scopi non medici di cui all’articolo 156, comma 2, lettera e), sia mantenuta al livello più basso ragionevolmente possibile.
9. Le procedure di ottimizzazione e i vincoli di dose per le esposizioni di cui all’articolo 156, comma 3, nonché le direttive comportamentali, per i soggetti che coscientemente e volontariamente collaborano, al di fuori della loro occupazione, all’assistenza e al conforto di pazienti sottoposti a diagnosi o, se del caso, a terapia, sono quelli indicati nell’allegato XXV.
10. Il medico specialista fornisce al paziente portatore di radioattività a seguito di trattamento terapeutico e, se del caso, a seguito di esame diagnostico, o al suo rappresentante, istruzioni scritte volte a ridurre, per quanto ragionevolmente conseguibile, le dosi per le persone in diretto contatto con il paziente, nonché le informazioni sui rischi derivanti dall’esposizione alle radiazioni ionizzanti. Tali istruzioni, concordate con lo specialista in fisica medica secondo le indicazioni di cui all’allegato XXV, parte II, punto 8, sono fornite prima di lasciare la struttura sanitaria.
11. Per quanto riguarda l’attività dei radionuclidi presenti nel paziente all’atto della dimissione da strutture sanitarie, si applica quanto previsto nell’allegato XXV, parte II.”
Il caso sottoposto all’attenzione della Corte di Cassazione ha riguardato un odontoiatra ritenuto responsabile dai Giudici di primo e secondo grado per la mancata ottemperanza degli obblighi di giustificazione ed ottimizzazione di cui agli artt. 157 e 158 del D.Lgs n. 101/2020. Al medico specialista, infatti, è stato contestato che l’esposizione dei pazienti all’esame radiodiagnostico eseguito mediante “Cone Beam” non era “giustificata”, secondo quanto viene indicato dalle norme sopra citate. In particolare, si legge nella sentenza della Cassazione, “le attività radiodiagnostiche complementari (quale quella eseguita con l’apparato radiodiagnostico in questione) di ausilio diretto all’odontoiatria per lo svolgimento di specifici interventi di carattere strumentale propri della disciplina, difettavano dei requisiti normativamente previsti, ossia non erano contestuali, integrate e indilazionabili, rispetto all’espletamento della procedura specialistica”.
Con riferimento all’elemento della contestualità, la Suprema Corte spiega che deve intendersi, secondo il significato comune del termine, quindi, “tutto quello che avviene nell’ambito della prestazione stessa e ad essa rapportabile…l’uso della pratica complementare deve essere connotato dall’essere un elemento di ausilio alla prestazione stessa, in quanto in grado di apportare elementi di miglioramento o arricchimento conoscitivo, utili a completare e/o a migliorare lo svolgimento dello stesso intervento specialistico di carattere strumentale”. Inoltre, riguardo l’indilazionabilità, la pratica complementare costituisce un “ausilio diretto ed immediato al medico specialista o all’odontoiatra per l’espletamento della procedura specialistica stessa”.
Nel caso di specie, la Cassazione ha confermato la condanna del medico odontoiatra in primo e secondo grado poichè “difettavano sicuramente i requisiti della contestualità e della indilazionabilità (come dimostrato dalla circostanza che su 25 pazienti, 12 di essi, pur essendo stati sottoposti all’esame, non avevano poi effettuato alcun trattamento odontoiatrico)”.
Elisabetta Soavi
CONTRIBUTI PRECEDENTI
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