Pubblichiamo un nuovo contributo dell’avvocato Elisabetta Soavi, che, nell’ambito della collaborazione avviata con l’OMCeO Piacenza, commenta alcune significative sentenze, in particolare della Corte di Cassazione, in tema di responsabilità medica. Nel testo che segue l’avvocato Soavi torna ad occuparsi della responsabilità penale del medico competente, il quale viene considerato una figura integrata nell’assetto organizzativo aziendale. La Cassazione ricorda che tale figura professionale deve svolgere un ruolo attivo con il datore di lavoro, esercitando quindi un’attività propositiva e informativa.

– – – –

In tema di responsabilità medica l’instaurazione della relazione terapeutica tra medico e paziente è fonte della posizione di garanzia che il primo assume nei confronti del secondo e da cui deriva l’obbligo di attivarsi a tutela del bene giuridico della salute e della vita. Tale principio rappresenta una questione assai complessa che può riguardare vari settori e ambiti di disciplina. Può aversi una posizione di garanzia c.d. originaria, generata, quindi, da una norma di legge o da un’assunzione di fatto della tutela del bene giuridico; inoltre, la funzione di garante può essere legata anche ad un’investitura c.d. derivata, in presenza, quindi, di una delega specifica che attribuisce poteri di organizzazione, gestione, controllo e spesa ben definiti a un soggetto qualificato per professionalità ed esperienza. In tale ultimo caso viene in considerazione l’ambito aziendale, quale realtà complessa che necessita di una gestione articolata delle aree di rischio per la prevenzione degli infortuni sul lavoro.

A tal proposito la Corte di Cassazione, in tema di responsabilità medica si è espressa con numerose sentenze sulla posizione del medico quale garante a tutela della salute del paziente e si è occupata di una questione attinente ai doveri del medico competente (Cass. Pen. Sez. IV, sent. del 9 febbraio 2021 n. 21521). Il caso sottoposto all’esame dei giudici della Cassazione ha riguardato un infermiere che ha contratto un’infezione sul luogo di lavoro. Il medico competente dell’AUSL è stato condannato per il reato di lesioni personali colpose aggravate per non aver proposto in sede di redazione del Documento di valutazione dei rischi, l’acquisto e la prescrizione d’uso di dispositivi di protezione personale. A nulla è valsa l’assoluzione del datore di lavoro e del suo delegato, responsabile del pronto soccorso, dove si è verificato l’evento dannoso. In particolare, l’infermiere, mentre effettuava un prelievo di sangue venoso su una paziente affetta da HVC e HVB, a causa di un improvviso movimento della mano di quest’ultima, era stato accidentalmente punto dall’ago che stava utilizzando nell’arteria radiale del polso sinistro e aveva contratto il virus dell’epatite.

Il Tribunale e anche la Corte d’Appello, nella ricostruzione del fatto hanno evidenziato che l’infermiere aveva usato “un ago cannula 18 G Delta2, sprovvista di dispositivo di sicurezza”. Inoltre, secondo i Giudici “non vi erano a disposizione aghi cannula protetti e che la scelta dell’operatore circa l’uso degli aghi cannula o dei dispositivi denominati Butterfly – dotati di meccanismi di protezione – era determinata dall’uso che doveva essere fatto degli stessi e dalle condizioni del paziente, sicchè non era una libera scelta dell’operatore quella di fare ricorso agli aghi cannula non protetti piuttosto che al cd. Butterfly”. Secondo la Corte d’Appello la condotta doverosa del medico competente, quindi, la segnalazione della pericolosità sull’utilizzo dei dispositivi privi di protezione e la loro sostituzione, avrebbe evitato l’evento dannoso poiché sarebbe stato disposto l’approvvigionamento delle adeguate attrezzature.

La Cassazione, con la sentenza in esame, ha confermato i profili di responsabilità per omissione del medico competente e ha evidenziato che quest’ultimo è titolare di una propria sfera di competenza; si tratta di un garante a titolo originario e non derivato”, sicché sulla sua posizione non influiscono le vicende che riguardano gli altri soggetti della sicurezza. Nella motivazione della sentenza vengono altresì ricordate le norme sulla disciplina dei compiti assegnati dalla legge al medico del lavoro. La normativa di riferimento è quella del Testo Unico sulla salute e sicurezza dei luoghi di lavoro (D.Lgs n. 81/2008) che delinea i diversi ruoli di garanti della sicurezza sul lavoro, tra cui quello del medico competente, quale collaboratore dell’imprenditore ai fini della valutazione dei rischi e per effettuare la sorveglianza sanitaria.

In sintesi, l’art. 25, comma 1, lett. a) del D.Lgs. n. 81/2008 stabilisce che il medico competente collabori “con il datore di lavoro e con il servizio di prevenzione e protezione alla valutazione dei rischi, anche ai fini della programmazione, ove necessario, della sorveglianza sanitaria, alla predisposizione della attuazione delle misure per la tutela della salute e della integrità psicofisica dei lavoratori, all’attività di formazione e informazione nei confronti dei lavoratori, per la parte di competenza, e alla organizzazione del servizio di primo soccorso …”. Inoltre, la stessa disposizione normativa alla lettera m) prevede che il medico competente partecipi “alla programmazione del controllo dell’esposizione dei lavoratori i cui risultati gli sono forniti con tempestività ai fini della valutazione del rischio e della sorveglianza sanitaria. L’art. 35, comma 1, del D.Lgs. n. 106/2009 che modifica l’art. 58 del D.Lgs. n. 81/2008, ha poi introdotto la sanzione penale per la violazione degli obblighi di collaborazione alla valutazione dei rischi.

Sulla base di tali premesse, la Corte di Cassazione ha affermato il principio secondo cui il medico competente è una figura professionale integrata nel contesto sanitario aziendale e “non deve limitarsi ad un ruolo meramente passivo, ma deve dedicarsi ad un’attività propositiva e informativa in relazione al proprio ambito professionale”. In senso conforme si è espressa anche altra pronuncia della Corte di Cassazione con la sentenza del 27 aprile 2018 n. 38402, secondo cui “Risponde del reato di cui all’art. 25, comma 1, lettera a), D.Lgs. n. 81/2008 il medico competente che non si integri nel contesto aziendale, e che, pur in assenza di sollecitazione da parte del datore di lavoro, non collabori ai fini della valutazione dei rischi con il datore di lavoro e con il Servizio di Prevenzione, anche se il contributo propulsivo richiestogli resta limitato alla specifica qualificazione professionale”.

Sulla nozione di collaborazione si ricorda che la Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri ha avanzato istanza di interpello in merito alla corretta interpretazione dell’art. 25 (Obblighi del medico competente), comma 1, lett. a), del D.Lgs. n. 81/2008. In particolare è stato chiesto di sapere come deve intendersi il termine “collabora”. La risposta è stata fornita con il parere della Commissione Interpelli del 13 marzo 2014 (Interpello n. 5/2014), che ha sottolineato come tale obbligo di “collaborazione” debba essere interpretato in “maniera attiva”. In pratica, “il legislatore ha voluto far assumere un ruolo di maggiore rilevanza, nel sistema di organizzazione della prevenzione aziendale, al medico competente”.

Elisabetta Soavi

CONTRIBUTI PRECEDENTI

- Medico di guardia e obbligo di intervento domiciliare

- Intervento chirurgico d’équipe e responsabilità penale dei singoli operatori

- Quando l’uso del defibrillatore può fondare una responsabilità penale del medico

- La responsabilità del medico che subentra nel turno ai colleghi

- Compiti e responsabilità del direttore sanitario di struttura privata

- I limiti dell’azione di rivalsa della struttura sanitaria nei confronti del medico

- La responsabilità del direttore di RSA nel caso di suicidio di un paziente affetto da malattia mentale

- Responsabilità del chirurgo estetico e contenuto del consenso informato

- Disegno di legge contro la violenza sugli operatori sanitari: cosa prevede

- La responsabilità medica al tempo del Covid-19

- Responsabilità medica in équipe: occorre verificare il ruolo di ciascun sanitario

- La responsabilità penale del medico competente

- Responsabilità del medico, i dati statistici non bastano per la condanna

- Linee guida e responsabilità penale del medico

- La posizione di garanzia del medico nei confronti del paziente

- La successione di posizioni di garanzia nei confronti del paziente