Come la Legge Gelli-Bianco sta cambiando i connotati della responsabilità medica, tra novità e aspetti ancora da chiarire.

Si è parlato di questo l’8 giugno alla Sala Convegni AUSL di Via Anguissola nell’appuntamento promosso dall’Ordine dei Medici e dall’Azienda Unità Sanitaria Locale di Piacenza, con la collaborazione scientifica della Società Bio-Giuridica Piacentina, secondo incontro di approfondimento dopo quello del 18 maggio dedicato alla certificazione alla luce della Legge sull’omicidio stradale. A discuterne l’Avvocato Cosimo Pricolo del Foro di Piacenza, la Dott.ssa Alessandra De Palma, Direttore Responsabile Medicina Legale e Gestione Integrata del Rischio Policlinico S.Orsola-Malpighi di Bologna, e il Dott. Attilio Steffano, assicuratore e amministratore di Assimedici, moderati dalla vicepresidente di OMCeO Piacenza Anna Maria Greco presente insieme al Presidente Augusto Pagani.

Ad aprire la serata il saluto in video dell’onorevole Federico Gelli, relatore del disegno di legge, che ha parlato di una norma “in grado di garantire certezza di cura ai cittadini e allo stesso tempo un trattamento più equo e giusto agli operatori sanitari”. Il provvedimento, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 64 del 17 marzo, è composto da 18 articoli: affronta e disciplina i temi della sicurezza delle cure e del rischio sanitario, della responsabilità dell’esercente della professione sanitaria e della struttura sanitaria pubblica o privata, le modalità e caratteristiche dei procedimenti giudiziari aventi ad oggetto la responsabilità sanitaria, l’obbligo di assicurazione e l’istituzione del Fondo di garanzia per i soggetti danneggiati da responsabilità sanitaria.

LINEE GUIDA, COME COMPORTARSI? – “Gli errori in medicina non sono rari, e il contenzioso condiziona l’attività degli operatori sanitari” – ha detto in apertura del suo intervento la dottoressa Alessandra De Palma introducendo il concetto di linee guida poi diventato centrale nel corso della serata. Linee guida “da una parte summa delle migliori conoscenze scientifiche del momento, dall’altra non adattabili in tutti i casi al paziente che abbiamo di fronte: per questo restano sempre ferme la competenza del singolo professionista e la valutazione del caso concreto”. “Rimangono riferimenti comunque importanti, anche per permettere al professionista di fare l’autovalutazione delle proprie performance e un autocontrollo degli errori, ma spesso non è sufficiente seguirle”.

“L’esercente la professione sanitaria che nello svolgimento della propria attività si attiene a linee guida e buone pratiche accreditate dalla comunità scientifica non risponde penalmente per colpa lieve” – recita al comma 1 l’articolo 3 della c.d Legge Balduzzi, al centro di non poche questioni interpretative e oggi abrogato con la Legge Gelli-Bianco della quale De Palma ha analizzato i primi articoli: il numero 1, che qualifica la sicurezza delle cure come parte costitutiva del diritto alla salute, parlando anche di prevenzione e gestione del rischio; il 2, che contempla l’istituzione in ogni Regione del Centro per la gestione del rischio sanitario e la sicurezza del paziente; il 3, che prevede l’istituzione dell’Osservatorio nazionale delle buone pratiche sulla sicurezza nella sanità; il 4, con il quale si disciplina la trasparenza dei dati stabilendo che la direzione sanitaria della struttura entro sette giorni dalla presentazione della richiesta fornisca la documentazione sanitaria disponibile relativa al paziente; il numero 5, con il richiamo al tema delle linee guida alle quali gli esercenti le professioni sanitarie devono attenersi, “elaborate – si legge testualmente – da enti e istituzioni pubblici e privati nonché dalle società scientifiche e dalle associazioni tecnico-scientifiche delle professioni sanitarie iscritte in apposito elenco istituito e disciplinato con decreto del Ministro della salute da emanarsi entro 90 giorni dall’entrata in vigore della legge e da aggiornare con cadenza biennale”. “Questo è l’articolo che maggiormente mi preoccupa – ha osservato De Palma -. Penso che l’elenco di cui si parla difficilmente si realizzerà, e il mio timore è che per cercare di rendere più semplice il compito di chi è chiamato a giudicare si rischi di imbrigliare la scienza”. “L’esperienza e la competenza del medico restano fondamentali – ha concluso – e sono indispensabili nella formulazione del giudizio clinico”. 

I RISVOLTI GIUDIZIARI – L’avvocato Cosimo Pricolo ha ricordato come a differenza di una quarantina di anni fa, quando il medico mai finiva sotto processo, la realtà odierna sia diametralmente opposta. “E una recentissima sentenza della Cassazione – non ha mancato di far notare – parla già della Legge Gelli-Bianco come peggiorativa per i professionisti dal punto di vista giudiziario”. Se prima il giudice non aveva linee di valutazione da un punto di vista pratico e spesso il giudizio era affidato al suo arbitrio – ha ricordato Pricolo – con la Legge Balduzzi si è introdotto per la prima volta in materia penale il ruolo delle linee guida, da intendersi come raccomandazioni a differenza dei protocolli che sono invece procedure rigide. Toccando alcune criticità interpretative della stessa Legge Balduzzi, dalla connotazione di “colpa lieve”, tra imperizia, imprudenza e negligenza, Pricolo è poi arrivato ad analizzare la nuova Legge, concentrandosi in particolare sugli articoli 5 e 6: “Nel provvedimento le linee guida sembrano assumere un valore maggiormente vincolante per gli esercenti le professioni sanitarie; l’articolo 6 introduce poi nel codice penale il nuovo articolo 590-sexies, che disciplina la responsabilità colposa per morte o per lesioni personali in ambito sanitario: solo se l’evento si sia verificato a causa di imperizia la punibilità è esclusa, purchè risultino rispettate le raccomandazioni previste dalle linee guida o, in mancanza di queste, le buone pratiche clinico-assistenziali, sempre che le raccomandazioni previste dalle linee guida risultino adeguate alle specificità del caso concreto”. Proprio quest’ultimo passaggio è destinato, secondo Pricolo, “a far saltare il banco”: “Le peculiarità di un singolo caso, infatti, potranno sconsigliare le linee guida se non ritenute pertinenti, e la sua specificità rischia di dilatare l’ambito operativo del medico che dovrà prestare massima attenzione a tutte quelle innovazioni magari non ancora entrate nelle linee guida”. “Anche limitare la non punibilità alla sola imperizia potrà creare grossi problemi”.

Pricolo ha quindi affrontato il regime di doppia responsabilità civile disciplinato dall’articolo 7 del provvedimento: la responsabilità contrattuale per la struttura, con termine di prescrizione di dieci anni e onere della prova a carico della struttura stessa, e quella extra-contrattuale per l’esercente la professione sanitaria (qualora direttamente chiamato in causa) a qualunque titolo operante in una struttura sanitaria e sociosanitaria pubblica o privata – salvo il caso di obbligazione contrattuale assunta con il paziente – con termine di prescrizione di cinque anni e onere della prova a carico del soggetto che si ritiene danneggiato. Una nuova legge, in sintesi, che a parere di Pricolo è destinata a creare problemi interpretativi: “Spero – ha concluso citando un aforismo di Sciascia – che non si debba tornare a parlare dell’orologio fermo che segna due volte al giorno l’ora esatta, mentre quello che funziona male non la segna mai”.

OBBLIGHI ASSICURATIVI – “Attendiamo ancora sette decreti attuativi che segneranno inevitabilmente il provvedimento – è stata la premessa di Attilio Steffano, che ha proseguito nell’analisi della Legge entrando nel dettaglio di alcuni articoli: “Il numero 10 introduce l’obbligo di assicurazione, fino ad oggi assente, per la responsabilità contrattuale verso terzi e verso i prestatori d’opera a carico delle strutture sanitarie e sociosanitarie, pubbliche e private; l’obbligo riguarda anche le strutture sociosanitarie e le prestazioni sanitarie svolte in regime di libera professione intramuraria o in regime di convenzione con il Servizio sanitario nazionale”. Il comma 2 prevede l’obbligo di assicurazione anche a carico del professionista sanitario che svolga l’attività al di fuori di una delle strutture precedentemente citate o che presti la sua opera all’interno della stessa in regime libero-professionale. Una parte, quest’ultima, che a parere di Steffano “è destinata ad aprire un ampio dibattito su chi siano i liberi professionisti in sanità”. Importante anche il comma 3, con l’obbligatorietà per gli esercenti le professioni sanitarie di stipulare idonee polizze assicurative per colpa grave. “E’ una norma già in vigore – ha ricordato Steffano – e l’azione di rivalsa nei loro confronti può essere esercitata solo in caso di colpa grave”. Azione di rivalsa disciplinata nello specifico dall’articolo 9, che al comma 5, in caso di accoglimento della domanda di risarcimento proposta dal danneggiato, stabilisce che per l’importo della condanna in base all’azione di responsabilità amministrativa (con esclusione dei casi di dolo) si prevede un limite, per singolo evento, pari al valore maggiore della retribuzione lorda (o del corrispettivo convenzionale) conseguita nell’anno di inizio della condotta causa dell’evento (o nell’anno immediatamente precedente o successivo), moltiplicato per il triplo; tale limite si applica sia all’importo della condanna suddetta sia all’importo dell’azione di surrogazione da parte dell’assicuratore che abbia pagato l’indennità. Anche per Steffano gli effetti della Legge “andranno riletti alla luce dei contenuti dei decreti normativi, osservandone le conseguenti evoluzioni giurisprudenziali”.