Si è parlato di diabete mellito, patologia cronica complessa della quale soffrono circa tre milioni e 200mila italiani (dati 2016) nel primo appuntamento del ciclo d’incontri promosso dall’OMCeO Piacenza e dedicato all’approfondimento delle Linee Guida relative ad alcune fra le più comuni patologie.
Quattro serate, pensate con la volontà di integrare le competenze del medico di Medicina Generale con quelle del medico specialista: “Come consiglio direttivo – ha spiegato in apertura il segretario dell’OMCeO Piacenza Nicola Arcelli – abbiamo proposto questa iniziativa principalmente per due motivi: da una parte per la sempre maggiore rilevanza scientifica e giuridica riservata alle linee guida, in particolare dopo l’approvazione della Legge sulla responsabilità professionale che all’articolo 6 esclude la punibilità del medico accusato di imperizia nel caso siano rispettate le raccomandazioni previste dalle linee guida; dall’altra per l’importanza delle stesse dal punto di vista della formazione post laurea. Anche se con alcuni limiti, le linee guida rimangono le basi sulle quali costruire il sapere scientifico: per apprezzarle o criticarle dobbiamo comunque conoscerle”.
Relatrici della serata, ospitata dall’Hotel Ovest di Piacenza, la dottoressa Debora Ferrari e la dottoressa Elena Malchiodi, che hanno affrontato il tema della gestione del diabete dal punto di vista del medico di Medicina Generale e di quello specialista. Si tratta – è stato ricordato – di una patologia in significativo aumento: basti considerare come rispetto a 30 anni fa gli italiani affetti dalla malattia siano quasi raddoppiati: il 5,3% rispetto al 2,9% del 1980. Dato a cui si somma quello emerso da alcuni studi, secondo i quali esiste un diabetico non diagnosticato ogni due casi di diabete noto.
Tre le principali tipologie di diabete, ciascuna con le proprie caratteristiche cliniche: il Tipo 1, causato da distruzione beta cellulare e caratterizzato da carenza insulinica assoluta; il Tipo 2 (interessa circa il 90% dei casi), causato da un deficit parziale di secrezione insulinica, che si sviluppa generalmente in persone con più di 40 anni, in sovrappeso e con una storia familiare di diabete; il Diabete gestazionale, forma diagnosticata in gravidanza. Per il diabete di tipo 2 la dottoressa Ferrari ha ricordato l’importanza dello screening (glicemia a digiuno, emoglobina glicata o test da carico orale di glucosio) al fine di una precoce identificazione della malattia, in particolare per le persone ad alto rischio (fra i principali fattori BMI uguale o maggiore a 25, inattività fisica, e la familiarità di primo grado per la malattia); in assenza di questo criterio lo screening dovrebbe partire all’età di 45 anni, da ripetersi, in caso di risultati normali, con un intervallo di tre anni. Anche per bambini e adolescenti è importante valutare la presenza di fattori di rischio, mentre per quanto riguarda il diabete gestazionale il periodo migliore per lo screening è la 24-28esima settimana di gestazione.
Un ruolo fondamentale sul fronte della prevenzione ricade sugli stili di vita e sulle abitudini alimentari: evitare il sovrappeso, svolgere attività fisica regolare (20-30 minuti al giorno o 150 minuti alla settimana), seguire una dieta ricca in fibre e in alimenti a basso indice glicemico riducendo il consumo di grassi saturi, rappresentano mezzi appropriati per diminuire il rischio di diabete di tipo 2. Entrambe le relatrici nei loro interventi hanno evidenziato il ruolo della gestione integrata e dell’interazione tra medico di Medicina Generale e specialista non solo per migliorare l’assistenza del paziente, ma anche sotto l’aspetto della prevenzione e dell’educazione terapeutica. La prima valutazione di un paziente diabetico deve passare attraverso una visita medica completa, che comprenda l’anamnesi famigliare, fisiologica, patologica remota e prossima, oltre ad un esame obiettivo e ad esami di laboratorio. “L’educazione terapeutica – ha spiegato la dottoressa Ferrari – è fondamentale per effettuare correttamente la misura della propria glicemia, passaggio indispensabile per i pazienti con diabete tipo 1 e con diabete tipo 2 insulino-trattati”.
La dottoressa Malchiodi ha invece approfondito l’aspetto relativo alla terapia farmacologica, passando in rassegna le varie molecole utilizzate nella cura del diabete di tipo 2 e necessarie quando la sola modifica degli stili di vita non consente di mantenere un adeguato controllo metabolico: dalla metformina, all’acarbosio, ai tiazolidinedioni, passando per le sulfoniluree e glinidi, fino ai farmaci incretino-mimetici. “Gli obiettivi terapeutici – ha spiegato – vanno individuati in base alle caratteristiche cliniche dei pazienti e dei rischi e benefici che i diversi farmaci ipoglicemizzanti possono indurre”. E’ invece necessario iniziare la terapia con insulina quando la terapia ipoglicemizzante non insulinica e l’intervento sullo stile di vita non sono in grado di ottenere il controllo della glicemia. A questo proposito, è stato ribadito come una corretta tecnica di iniezione sia essenziale per garantire un’ottimale azione dell’insulina e degli altri farmaci iniettabili per la cura del diabete.
I successivi appuntamenti del ciclo di incontri saranno dedicati allo scompenso cardiaco (15 marzo), alla broncopneumopatia cronica ostruttiva (12 aprile) e ai disturbi cognitivi (17 maggio).
DIABETE MELLITO IN MEDICINA GENERALE – Dott.ssa Debora Ferrari
pdf DIABETE MELLITO COMPLICATO E GESTIONE SPECIALISTICA - Dott.ssa Elena Malchiodi (1.60 MB)