Dallo “stato del mestiere” al futuro della professione medica, passando per un possibile rinnovamento del Codice Deontologico.

E’ stata una riflessione a tutto campo quella proposta dalla due giorni del convegno nazionale “L’agire medico tra il dettato deontologico e le altre norme“ – organizzato dall’OMCeO Piacenza e ospitato venerdì 7 e sabato 8 giugno dalla Cappella Ducale di Palazzo Farnese a Piacenza – che ha voluto riportare al centro del dibattito nazionale anche l’opportunità di tenere separata l’attività ordinistica da quella politica e sindacale, tema quest’ultimo particolarmente sentito dall’Ordine piacentino presieduto da Augusto Pagani.

“Sindacati e partiti politici – ha sottolineato Pagani – hanno legittimamente interessi da rappresentare, mentre gli Ordini hanno ruoli diversi; penso che l’etica debba indirizzare le nostre scelte e dettare le norme deontologiche più adeguate per mantenere la rappresentanza dell’Ordine al di sopra di ogni sospetto riguardo la sua reale terzietà. Se quest’ultima venisse meno si perderebbero credibilità e autorevolezza che tutti riteniamo necessarie e sulle quali si basa il prestigio che un Ordine professionale deve assolutamente avere per svolgere fino in mondo e nel modo migliore il suo compito”.

LO STATO DELLA PROFESSIONE – “Credibilità” e “autorevolezza” sono state più volte richiamate dai relatori che hanno animato la prima giornata di lavori congressuali dedicata alla caduta dell’immagine della figura del medico, con le sue cause e le possibili soluzioni. “Dal dopoguerra ad oggi – ha affermato lo storico della Medicina e della Sanità Giorgio Cosmacini tracciando un articolato excursus storico – il nostro mestiere è evoluto secondo una traiettoria che possiamo vedere inscritta in un diagramma cartesiano, con in ascissa la tecnologizzazione della medicina e in ordinata la socializzazione della sanità: due forme di sviluppo e progresso che hanno contribuito in misura rilevante ad aumentare la quantità di vita e a migliorarne la qualità, comportando però anche due tipologie di rischi con ricadute sull’immagine del medico: da un lato che il sommo bene della tecnologia degeneri in tecnicismo, o addirittura in tecnocrazia, dall’altro che il grande valore della socializzazione della medicina si inverta nel disvalore della medicalizzazione della società, aprendo spazio al burocratismo, al consumismo, al clientelismo, all’ideologia di poter essere più sani e più belli ad ogni età della vita in paradossale sinergia con l’invecchiamento della popolazione”.

“All’etica e alla cultura tocca il compito non facile di preservare dal paradosso di una tecnomedicina trionfante, che mutuando dal linguaggio proprio dell’economia sanitaria rischia un possibile, quanto deprecabile, fallimento del successo. Oggi fare bene il medico in modo competente, disponibile e affidabile è sempre più difficile, ma forse proprio per questo quello del medico resta a mio avviso il mestiere più bello”. “Oggi – l’allarme lanciato nel suo intervento da Filippo Anelli, presidente della Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri che ha moderato la sessione insieme al Presidente dell’OMCeO Parma Pierantonio Muzzetto – sono cresciuti i diritti dei cittadini, dall’autodeterminazione al consenso informato, ma si è anche ridotta di molto l’autonomia della professione. Vi è una vera alterazione del modo di essere medico, perché sempre di più si è provato a controllare la professione fino ad inglobarla in strutture e modelli di esercizio che ricordano molto un modello “fordista” applicato alla sanità; il definanziamento costante del sistema ha portato non solo ad una progressiva perdita dell’autonomia, ma anche ad una crescita delle disuguaglianze all’interno del nostro Paese e all’inizio di una pericolosissima pratica del trasferimento delle competenze dal medico alle professioni sanitarie”. “Penso – ha aggiungo – che senza libertà la nostra professione non possa essere esercitata e ritengo che il medico sia oggi quel professionista in grado di dare un senso alla Costituzione e di essere un punto di riferimento per il cittadino. Dobbiamo fare un salto di qualità per un medico che torni ad avere un ruolo fondamentale che garantisca i diritti democratici del nostro Paese”.

Come fare a recuperare il prestigio perduto? Per il Sociologo e Filosofo della Medicina Ivan Cavicchi esiste una “questione medica”, che emerge da numerosi problemi, dalla perdita di autonomia, al contenzioso legale, alla svalutazione anche economica del professionismo. “Serve un cambiamento profondo – la sua proposta -, è necessario intervenire per reinventare un medico che sia più adeguato al terzo millennio, sappia gestire delle complessità e si guadagni la propria autonomia”. “Viviamo un’epoca completamente nuova in una fase di socializzazione totalmente diversa – il punto di vista di Maurizio Mori, Ordinario di Bioetica all’Università di Torino – e la biomedicina è uno degli attori principali di questo cambiamento”. Per quale motivo allora non viene valorizzata? La ragione per Mori risiede nell’etica: “Di fronte a questo cambiamento epocale – la sua tesi – i medici, invece di iniziare una riflessione ampia sulla propria professione, si voltano dall’altra parte senza offrire risposte adeguate sul piano etico. Se si vuole ripristinare l’autorevolezza della professione medica bisogna riuscire a fornire una prospettiva etica generale a favore di una società in crescita che ci sta portando verso un mondo inimmaginabile in passato”.

L’editorialista del Corriere della Sera Giangiacomo Schiavi ha invece portato il punto di vista del comunicatore mediatico, parlando di “cortocircuito innescato da uno scontento determinato da lungaggini, burocrazie, liste d’attesa, che ha creato impazienza e rabbia indirizzata sui medici”. Richiamando l’epoca del “Dottor Google” e degli 8 miliardi di smartphone nel mondo, Schiavi ha sottolineato la necessità di “ricostruire un percorso fondamentale e recuperare quel rispetto da parte del malato, della politica, di chi ha potere all’interno della sanità”. “La malasanità fa notizia – ha aggiunto -, anche perché si pensa che il medico abbia il dono dell’infallibilità, ma non è cosi. Anche un atto di umiltà serve per recuperare un rapporto in parte deteriorato e la credibilità, per restituire quella dignità che in molte figure è stata persa, ma soprattutto per dire che il medico non è uno scrivano o un tecnocrate, ma si occupa delle persone”.

CODICE DEONTOLOGICO E CONFLITTI – Il Codice Deontologico è invece stato al centro della seconda sessione del convegno – moderata da Mariapia Garavaglia, vicepresidente del Comitato Nazionale Bioetica, e dal Presidente dell’OMCeO di Rimini Maurizio Grossi – dapprima con l’analisi del conflitto che può sorgere quando il medico si trova nella necessità di dover tener conto, oltre a quella deontologica, di norme diverse (giuridica, contratto di lavoro, ruolo militare e credo religioso) per poi arrivare alle proposte per una nuova “carta” fondamentale della professione.

Claudio Buccelli, Ordinario di Medicina Legale Università degli Studi di Napoli Federico II, ha passato in rassegna alcune “emblematiche” contrapposizioni tra norme deontologiche e giuridiche, come quelle che riguardano il segreto professionale, il consenso informato e le Disposizioni Anticipate di Trattamento. Come “temperare” per il medico questa tipologia di conflitto? Fra le soluzioni prospettate da Buccelli l’obiezione di coscienza codificata e, muovendosi per tempo, un collegamento della FNOMCeO con il legislatore nella fase di elaborazione delle norme. Marcello Valdini, presidente della Società Bio Giuridica Piacentina, è invece entrato nel dettaglio dell’articolo 77 del Codice, dedicato alla medicina militare e introdotto nel testo approvato nel 2014, mettendo in evidenza le dissonanze con altri articoli del codice: “Un articolo – ha concluso – che pone più problemi deontologici di quelli che vorrebbe risolvere”.

Numerosi gli spunti di riflessione nell’intervento di Luigi Arru, che ha portato la sua esperienza di Assessore alla Sanità della Regione Sardegna e di presidente di Ordine. “Ho cercato di applicare il governo critico – ha detto -, ma farlo significa avere la capacità di utilizzare un elemento fondamentale di un Ordine professionale, il controllo tra pari; come Presidente e come Assessore ho avuto difficoltà enormi a bloccare colleghi inidonei ad esercitare la professione medica sia per motivi comportamentali che strettamente professionali” Sulla recente radiazione da parte dell’Ordine di Bologna dell’assessore regionale Sergio Venturi, Arru ha parlato senza mezzi termini di atto “inappropriato e pericoloso”: “Non accetto che un organismo professionale interferisca sul ruolo di produzione di una delibera. Io ho giurato quando sono diventato medico, ma ho anche giurato al Parlamento Regionale della Sardegna assumendo un ruolo di responsabilità verso tutti i cittadini, compresi i medici”. “Non ho dimenticato quello che ero come medico, però tutto deve essere contestualizzato in un insieme di problemi sociali ed economici”. “Serve una risposta contestualizzata – la sua proposta -, dobbiamo recuperare il senso della professione, dei percorsi integrati, della pari dignità: oggi esiste un problema sociale che va al di là della professione medica e richiede di ripartire con l’idea di comunità e con senso di appartenenza”.

“Bene perché è bene o bene perchè è comandato?” Da questa domanda è invece partita la riflessione di Filippo Maria Boscia, Presidente Onorario della Società Italiana di Bioetica e Comitati Etici e Presidente Nazionale AMCI, sul conflitto tra Codice Deontologico e dettato religioso. “Il primo fondamentale capitolo di cui si interessa la medicina è la vita, e la vita è sacra sempre; la norma, anche quella deontologica, dovrebbe sempre prendersi cura del prezioso dono della vita, soprattutto nelle forme di fragilità”. “Oggi – ha osservato – mi sembra che la deontologia non si proponga più di guidare la coscienza dei singoli operatori, ma si limiti ad indicare i comportamenti, dimenticandosi della centralità della persona fragile. Dobbiamo augurarci un dialogo fecondo tra medicina, etica, principi morali, alla ricerca della verità; essere onesti significa non solo rispettare il codice deontologico, ma intraprendere un cammino di ascolto e di rispetto della vita”.

VERSO UN NUOVO CODICE – A conclusione dei lavori l’interrogativo finale: è necessario oggi un nuovo Codice Deontologico? “Sì, è necessario” – la risposta di Filippo Anelli che ha animato una tavola rotonda, moderata da Cosimo Nume (Presidente OMCeO Taranto) in compagnia di Mariapia Garavaglia, del direttore di Quotidiano Sanità Cesare Fassari, del presidente nazionale Cao Raffaele Iandolo e di Gianfranco Iadecola, già magistrato della Corte di Cassazione. Il Presidente FNOMCeO ha sottolineato la necessità di richiamare una serie di riflessioni, “dalla femminilizzazione, della quale nell’attuale Codice non vi sono riferimenti, al rapporto con la scienza e con le altre professioni sanitarie, fino al tema della formazione”. L’idea, come da lui spiegato, è quella di avviare un percorso di riflessione prima di mettere mano al Codice: “Gli incontri come quello odierno a Piacenza vanno proprio in questa direzione, credo sia importante in questo momento l’ascolto e soffermarsi sulle tematiche che vengono poste”.

Anche Fassari si è detto d’accordo sul rinnovamento del Codice, ma “da maneggiare con molta cura per dare una guida al medico per la professione con testi e lessico chiari”: medici-economia, medici-tecnologia e medici-coscienza sono per il direttore di Quotidiano Sanità tre questioni centrali da trattare nel nuovo testo”. Semplicità nel lessico e nella struttura sono le caratteristiche che il nuovo Codice dovrebbe avere secondo Iandolo, mentre per Garavaglia il testo “deve far capire che l’ascolto è parte della cura e un principio legato all’esercizio di una professione che ha a che fare con il “tirar fuori” qualcosa da una persona. Oltre a questo aggiungo la necessità della preparazione per i medici ad essere coloro che manterranno sempre una scelta “umanistica” di fronte alla tecnologia che arriverà in futuro”. “Sia che il Codice venga rifatto o rivisto – le indicazioni fornite da Iadecola – si ponga attenzione alla forma, che deve essere contrassegnata da sobrietà e compendiosità; il testo venga scritto da medici di grande competenza, conoscitori delle norme e della lingua e sia portato a conoscenza effettiva dei medici con una adeguata opera informativa. Sia poi un Codice operativo, inutile fare norme e poi non applicarle”.

Il convegno si era aperto con i saluti istituzionali portati dal sindaco di Piacenza Patrizia Barbieri, dalla Presidente dell’Ordine degli Avvocati di Piacenza Graziella Mingardi e dal Direttore Generale dell’Ausl Luca Baldino. “Oggi – ha detto Barbieri – ci rendiamo conto delle difficoltà enormi che si affrontano nell’esercizio della professione medica e lascia amareggiati vedere azioni che non vanno ad affrontare compiutamente questa fase critica: per questo penso che una seria riflessione sia doverosa anche da parte delle istituzioni locali”. “E’ la deontologia – ha sottolineato Mingardi – che ci permette di riottenere la credibilità, solo utilizzando la deontologia come nostro vessillo potremo farci rispettare”. Della caduta di credibilità del medico, uno dei temi centrali del convegno, ha parlato anche Baldino: “Dobbiamo prendere atto di una cosa che sta accadendo, a mio avviso per poca o nessuna colpa dei professionisti ma per cause a livello di sistema. Questo però non può esimerci dall’occuparcene: è difficilissimo tutelare la salute del territorio se non esiste un rapporto fiduciario tra medico e cittadino”.

Saluti

Le ragioni di una caduta dell’immagine – Giorgio Cosmacini

Come il medico si vede ed è visto – Filippo Anelli

Cosa e come fare per un ritorno al prestigio – Ivan Cavicchi

Cosa e come fare per un ritorno al prestigio – Giangiacomo Schiavi

Terzietà ordinistica e attività politico sindacale – Augusto Pagani

Discussione

Riflessioni sulla carta fondamentale del medico – Mariapia Garavaglia e Maurizio Grossi

Quando la norma deontologica confligge con quella giuridica – Claudio Buccelli

Quando la norma deontologica confligge con lo stato di dipendenza – Luigi Arru

Quando la norma deontologica confligge con il ruolo militare – Marcello Valdini

Quando la norma deontologica confligge con il dettato religioso – Filippo Maria Boscia

Tavola rotonda conclusiva – Proposte per un nuovo Codice di deontologia medica

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