Sono le patologie infettive più frequenti dopo le infezioni dell’apparato respiratorio e rappresentano un problema di notevole impatto clinico ed economico.

E’ stato dedicato alle infezioni delle vie urinarie il quarto ed ultimo appuntamento – dopo quelli su asma, fibrillazione atriale e insufficienza renale cronica – del ciclo incontri “I Martedì dell’Ordine”, promosso dall’Ordine dei Medici di Piacenza e dedicato all’approfondimento delle Linee Guida relative ad alcune fra le più comuni patologie, integrando le competenze del medico di Medicina Generale con quelle del medico specialista. Relatrici, nella serata del 13 giugno al Park Hotel di Piacenza, la Dottoressa Chiara Maffi e la Dottoressa Teresa Valsania – introdotte dal Presidente dell’OMCeO Piacenza, Professor Mauro Gandolfini, e dal Dottor Giovanni Quinto Villani, Coordinatore della Commissione Cultura e Formazione Professionale dell’Ordine – che hanno approfondito i vari aspetti legati alla diagnosi e alla gestione di patologie che rappresentano una delle più comuni cause di consultazione del medico a lívello ambulatoriale e la seconda causa di antibioticoterapia empirica a livello comunitario e ospedaliero.

Come illustrato nella sua relazione dalla Dottoressa Maffi, Medico di Medicina Generale, il termine “infezione delle vie urinarie” (IVU) definisce la presenza di sintomi irritativi delle vie urinarie associati a isolamento di microrganismi patogeni nelle urine (batteriuria > 10^5CFU/ ml): “Si tratta di infezioni molto comuni e probabilmente sottostimate, in quanto la diagnosi certa dipende non solo dalla presenza dei sintomi, ma anche dall’urinocoltura. Le donne hanno un maggiore rischio di IVU rispetto agli uomini per diverse ragioni, in particolare anatomiche (l’uretra corta facilita la risalita dei batteri) e ormonali (la carenza di estrogeni in menopausa altera l’omeostasi dell’ecosistema vaginale e del microbiota intestinale causando scomparsa dei Lactobacilli): il 50-60% delle donne presenta un episodio di infezione delle vie urinarie nell’arco della vita e circa il 10% sviluppa almeno un’infezione/anno. L’incidenza nelle donne ha un picco nella fascia di età 18-24 anni: una donna su tre ha un episodio di cistite entro i 24 anni. Nella fascia di età 18-39 anni, dopo un primo episodio di IVU, il rischio di recidiva a 6 mesi è del 24%”. La differenza di genere nell’incidenza delle infezioni delle vie urinarie si modifica però con l’età: “Durante la senescenza il divario uomo-donna diminuisce a causa delle patologie prostatiche”.

“La maggior parte delle infezioni delle vie urinarie sono causate da patogeni Gram-negativi e Gram-positivi, ma anche da virus e funghi. Escherichia Coli uropatogeno (UPEC) è l’agente eziologico più comune sia nelle infezioni delle vie urinarie complicate che non complicate. Le infezioni comunitarie sono sostenute nell’80% dei casi da Escherichia Coli uropatogeno, quelle ospedaliere sono sostenute da UPEC nel 40% dei casi; gli altri patogeni causano generalmente infezioni multiresistenti”. Tra i fattori di rischio figurano stitichezza, patologie associate (come diabete, patologie neurologiche e patologie prostatiche), l’uso di dispositivi anticoncezionali (ad es. diaframma o creme spermicide che alterano il normale equilibrio della flora batterica vaginale), la gravidanza, l’attività sessuale, una scarsa o errata igiene intima, cattive abitudini legate alla minzione (trattenere a lungo l’urina aumenta la possíbilità di infezioni batteriche), la presenza di un catetere vescicale.

I sintomi variano a seconda del tratto interessato e possono includere difficoltà ad urinare, un aumentato numero di minzioni con una ridotta quantità dell’urina per ogni minzione, dolore o bruciore durante la minzione a volte accompagnato anche da brívidi e freddo, dolore soprapubico, bísogno urgente di urinare e sensazione di non aver svuotato del tutto la vescica, possíbile sangue nelle urine. Se l’infezione risale invece verso le alte vie urinarie si possono presentare febbre elevata e con brivido, dolore al fianco, malessere. E’ importante – ha sottolineato la relatrice – prestare attenzione ai sintomi atipici: nella donna in caso di perdite vaginali, segni clinici di uretrite o dispareunia è indicato un esame della pelvi; nel caso di sospetto di patologie a trasmissione sessuale o nel caso di presenza di sintomi atipici è necessaria l’esecuzione della ricerca di germi atipici come Chlamydia trachomatis, Neisseria gonorrhoeae e Micoplasmi. Gli approfondimenti diagnostici comprendono l’esame completo delle urine, l’urocoltura ed eventuale antibiogrammma, mentre in alcuni casi potrebbero rendersi necessari anche esami di laboratorio di II livello – con emocromo e indici di flogosi, indagini immunologiche, colture di calcoli o tessuti – o di imaging (ecografla reno-vescicale, uro-TC, risonanza magnetica, uretrocistografia retrograda e minzionale). Eventuali infezioni alle vie urinarie non devono essere sottovalutare in gravidanza: “Possono causare serie minacce sia per la donna che per il feto, per questo motivo si raccomanda una urinocoltura nel 1° trimestre di gravidanza, compresa nel LEA, per lo screening della batteriuria asintomatica. In presenza di batteriuria asintomatica nel 1° trimestre, trattata con successo, si consiglia di richiedere comunque una urinocoltura di controllo al 2° trimestre”.

In Europa e negli USA circa il 15% della terapia antibiotica in comunità viene prescritta per il trattamento delle vie urinarie, l’incidenza in Italia è di sei milioni/anno – ha ricordato la dottoressa Valsania, specialista in Nefrologia, che nel suo intervento ha approfondito la terapia delle IVU secondo le linee guida -. L’elevata incidenza determina un importante impatto finanziario: negli Stati Uniti si è calcolato un costo diretto di 1.6 miliardi di dollari all’anno solo per il sesso femminile. A ciò si devono aggiungere i costi indiretti, ad esempio le giornate lavorative perse, e l’effetto sulla qualità di vita, che configurano queste patologie come di notevole impatto; spesso le infezioni delle vie urinarie richiedono ospedalizzazione o complicano il decorso di una degenza per altra causa”. “Seppure semplici per quanto riguarda la diagnosi – ha osservato la relatrice -, le infezioni delle vie urinarie richiedono un’accurata riflessione in merito alla loro terapia. Errore comune è quello di considerarle infezioni facili da trattare, considerando le elevate percentuali di persistenza, recidiva e reiezione”. Ha quindi rimarcato il concetto di antibioticoresistenza, vale a dire la resistenza di un batterio a due o più antibiotici appartenenti a classi diverse: “Gli antibiotici – ha spiegato – esercitano infatti una pressione selettiva sui batteri, che acquisiscono antibioticoresistenza attraverso mutazioni del proprio patrimonio genetico o l’acquisizione di geni di resistenza”.

“L’uso massivo e a volte inappropriato degli antibiotici è una delle principali cause di antibloticoresistenza, che rappresenta un rilevante problema di salute pubblica globale poiché a causa della comparsa e della veloce diffusione di nuovi meccanismi di resistenza può diventare molto difficile trovare una terapla efficace contro le infezioni. Una corretta prescrizione della terapia antibiotica prevede di evitare un impiego eccessivo rispetto alle reali indicazioni, una posologla corretta e tempi di trattamento non troppo lunghi. Corrette norme igienico/assistenziali, come il lavaggio delle mani, sono fondamentali per limitare la trasmissione e la circolazione di germi resistenti agli antibiotici”. “Le infezioni delle vie urinarie – ha concluso la Dottoressa Valsania – sono frequenti e rappresentano un problema terapeutico. La scelta della terapia antibiotica è cruciale per evitare schemi inadeguati e di aumentare l’antibioticoresistenza. Esistono diverse linee guida recenti e aggiornate per orientare la scelta terapeutica in base alla tipologia di infezione: è opportuno inquadrare adeguatamente il paziente (comorbidità, gravidanza in atto, presenza di Catetere Vescicale a permanenza), il tipo e la severità dell’infezione per scegliere se e come trattare il paziente”.