Dopo gli approfondimenti dedicati ad asma e fibrillazione atriale, l’insufficienza renale cronica è stata al centro del terzo appuntamento del ciclo di incontri “I Martedì dell’Ordine”, organizzato dall’Ordine dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri di Piacenza per approfondire le Linee Guida di alcune fra le più comuni patologie.
Relatori, nell’appuntamento del 16 maggio al Park Hotel di Piacenza, il Dottor Matteo Guglielmi e il Dottor Roberto Scarpioni – introdotti dal Presidente dell’OMCeO Piacenza, Professor Mauro Gandolfini, e dal Dottor Giovanni Quinto Villani, Coordinatore della Commissione Cultura e Formazione Professionale dell’Ordine – che hanno affrontato il tema integrando le competenze del medico di medicina generale con quelle del medico specialista.
“La Malattia Renale Cronica – ha illustrato il Dottor Guglielmi, che nel corso del suo intervento ha presentato anche alcuni casi clinici – è il nome generico usato per definire un danno irreversibile e persistente al reni. Viene definita sia come danno strutturato ai reni, sia come ridotta funzionalità renale – diminuzione della velocità di filtrazione glomerulare o GFR – osservata per tre o più mesi. Si tratta di una è una condizione grave associata ad una mortalità precoce, una diminuzione della qualità di vita, e un aumento della spesa sanifaria”.
È tra le malattie cronico-degenerative più diffuse nel mondo ma, paradossalmente – ha evidenziato il relatore -, è anche quella sulla quale c’è meno consapevolezza; è infatti una malattia silenziosa nelle fasi d’esordio e che rimane per lo più senza sintomi fino agli stadi più avanzati e gravi. Negli ultimi 25 anni la mortalità da malattia renale cronica è aumentata di oltre il 40%; gli ultimi dati del registro europeo di dialisi e trapianto mostrano come l’incidenza in dialisi nelle ultime due decadi sia ancora oggi in crescita. Nel nostro Paese vi sono oltre quattro milioni di pazienti con malattia renale cronica e circa 100mila hanno raggiunto un livello di gravità tale da richiedere il ricorso a terapie salvavita, 50mila sono in dialisi e altrettanti sono portatori di trapianto di rene. Oltre alle ad importanti ripercussioni personali e sociali, la dialisi ed il trapianto hanno un impatto molto pesante sulle risorse che il Sistema Sanitario del nostro Paese destina a queste due impegnative terapie. Come ricordato dal Dottor Guglielmi, i sintomi dell’insufficienza renale cronica sono silenti e si manifestano con una progressione lenta. Il paziente diventa sintomatico quando il fitrato glomerulare scende al di sotto di 30 ml/min: tra i primi segni, ammesso che siano rilevati, si annoverano ipertensione ed anemia. Tra le complicanze dell’insufficienza renale da riconoscere e trattare, l’iperazotemia ascrivibile alla mancata eliminazione dei cataboliti azotati, tra cui spicca l’urea, l’acidosi da mancato recupero dei protoni consumati, il rischio di iperpotassiemia.
“Si tratta di una malattia in aumento – ha ricordato il Dottor Scarpioni, alla guida dell’Unità Operativa Nefrologia e Dialisi dell’Azienda Usl che nella nostra provincia segue circa 230 pazienti in dialisi tra gli ospedali di Piacenza, Fiorenzuola, Castel San Giovanni e Bobbio -, dati italiani parlano di una prevalenza di circa il 7,5%. Per questo è molto importante l’alleanza tra specialista e medico sul territorio per intercettare e valutare i pazienti a rischio di una progressione della malattia. Gli esami sono semplici e dai costi ridotti: esami del sangue – per calcolare azotemia, creatinina, acido urico, sodio, potassio, cloro, calcio, fosforo – e delle urine, oltre ad eventuali esami strumentali. Contro la malattia abbiamo diverse armi a disposizione, dall’adottare una dieta con un apporto controllato di proteine, povera in cibi ricchi di fosforo e potassio, a nuovi farmaci che permettono di rallentare la progressione della malattia e ridurre la proteinuria”.
Scarpioni ha inoltre evidenziato come insufficienza renale e malattia cardiovascolare siano strettamente legate: “La mortalità cardiovascolare è una delle possibili concause dell’insufficienza renale terminale: dal 30 al 60% dei pazienti con scompenso cardiaco soffre di insufficienza renale. Il vero rischio nei pazienti con malattia renale cronica non è solo la progressione verso la necessità di dialisi, quanto l’elevatissimo rischio di mortalità cardiovascolare: in dialisi il 50% della mortalità è dovuta ad eventi cardiovascolari e la mortalità cardiovascolare è 15-20 volte maggiore che non nella popolazione generale”. “La malattia renale cronica – ha concluso il relatore – deve essere considerata una malattia multiorgano che incrementa enormemente il rischio di morte e in una piccola percentuale di casi determina la necessità di terapia sostitutiva. I costi sociali associati sono molto elevati: prevenzione e presa in carico precoce sono le armi con le quali si deve affrontare insieme, Nefrologo e Medico di Medicina Generale, questa epidemia silente”.