Il Codice di Deontologia Medica è stato al centro di un importante convegno organizzato sabato 18 marzo al Park Hotel dall’Ordine dei Medici-Chirurghi e degli Odontoiatri di Piacenza.

Un appuntamento per presentare pubblicamente il lavoro di un Gruppo di Studio pluridisciplinare, coordinato dal dott. Marcello Valdini, impegnato da tempo nell’elaborazione di una proposta di riscrittura del Codice Deontologico del 2014. Insieme a Valdini autore di due studi, voluti dall’Ordine provinciale, sull’evoluzione del Codice dal 1924 al 2014 – fanno parte del Gruppo di Studio il prof. Mauro Gandolfini, presidente OMCeO Piacenza, gli avvocati Francesco Bellocchio, amministrativista, Paolo Colagrande, civilista, e Cosimo Maria Pricolo, penalista, il dott. Umberto Gandi, medico di medicina generale, la dott.ssa Anna Maria Greco, direttore Medicina Legale AUSL Piacenza, il dott. Giovanni Tolomeo, medico-legale già primario INAIL, e la prof. Noemi Perrotta, insegnante di lettere.

L’appuntamento, di respiro nazionale, ha rappresentato un momento di riflessione sui principi etico-deontologici alla luce dei profondi mutamenti della nostra società e nell’ambito di un processo che sta portando a ridefinire ruolo e funzioni del medico. Il convegno si è aperto con un minuto di raccoglimento in memoria delle vittime del Covid (il 18 marzo ricorreva la Giornata Nazionale). “Ricordiamo 372 colleghi caduti durante la pandemia – ha rimarcato il Presidente della FNOMCeO Filippo Anelli, tra i relatori dell’evento – la professione ha dato molto, con generosità e spirito di abnegazione, in un momento molto difficile con scelte non facili da prendere. E’ importante provare a trarre insegnamenti da quanto abbiamo vissuto, capire quello che è stato per dare migliori indicazioni per il futuro”. Il vicesindaco Marco Perini ha portato i saluti dell’amministrazione comunale di Piacenza: “Voglio esprimere la gratitudine nei vostri confronti per il coraggio esemplare, il senso di responsabilità e lo spirito di sacrificio con cui avete onorato la vostra professione e i suoi princìpi deontologici in ogni fase dell’emergenza sanitaria. La vostra categoria ha pagato un prezzo altissimo. Occorre ora una concreta disponibilità all’ascolto e al confronto, alla presa d’atto delle vostre istanze a partire da alcuni temi nodali, dalla pressione spesso intollerabile che grava su medici di famiglia e pronto soccorso, alla carenza di organico e al ricambio generazionale”.

“La deontologia – ha ricordato Anna Maria Andena, direttore distretto Ausl di Piacenza – è la scienza di quello che si deve fare e in ambito medico travalica i confini della professione. In tutti i codici di deontologia medica si afferma che il professionista agisce non solo quando esercita la propria professione, ma anche quando vive nella comunità. La pandemia ha visto tutti i professionisti, indistintamente, coinvolti e generosi nella loro manifestazione della professione e della propria vita, con il nostro territorio che ha pagato un tributo pesantissimo. “In questo momento storico – ha osservato Paolo Andrei, Rettore dell’Università di Parma – è sotto gli occhi di tutti la necessità di comprendere come implementare un sistema universitario che possa fornire una preparazione in ambito medico sempre più adeguata, ma allo stesso tempo con numeri sufficienti in grado di garantire un ricambio generazionale. A Parma abbiamo ragionato su come poter aumentare l’offerta per garantire la formazione di nuovi medici, pensando che quello di Piacenza fosse un territorio adeguato. Siamo partiti due anni fa, abbiamo ancora molto da fare, ma stiamo lavorando insieme per realizzare qualcosa di importante che resti nel tempo”.

“Tutto procede bene – ha aggiunto Marco Vitale, Coordinatore del Corso di Laurea di Medicina e Chirurgia a Piacenza – su cento posti disponibili lo scorso anno abbiamo avuto 313 domande, salite a quasi 700, arrivate da ogni parte del mondo, all’inizio del secondo anno accademico, con un incremento del 140%. La materia deontologica è rilevantissima nella professione medica e su questo tema sarà di particolare interesse avere una platea internazionale di studenti, con differenti sensibilità culturali e accomunati dalla scelta professionale”. Come ricordato da Ovidio Bussolati, direttore del Dipartimento Medicina e Chirurgia dell’Università di Parma, “l’Ateneo di Parma è presente nel piacentino da anni, con due sezioni formative dei nostri corsi di laurea in infermieristica e fisioterapia, ora si comincia a declinare un vero e proprio polo che già adesso impegna circa 500 futuri professionisti”. “La deontologia è un tema molto delicato e trasversale, che riguarda tante discipline – ha evidenziato Marisella Gatti, presidente della Sezione civile del Tribunale di Piacenza -. La professione del medico ha profondi aspetti di vicinanza con quella del giudice e dell’avvocato, tutte si fanno carico dei beni fondamentali della persona. L’esercizio di queste professioni comporta, oltre che competenze tecniche, anche qualità personali che devono essere ben riassunte in quella che è l’etica e la deontologia”.

VERSO LA REVISIONE DEL CODICE DI DEONTOLOGIA MEDICA – “Affrontare le tematiche che riguardano il Codice Deontologico – ha aperto il suo intervento Filippo Anelli – è una sfida per tutti. Il Codice del 2014 funziona, da parte nostra non vogliamo fare una riscrittura, se con questo intendiamo una revisione degli articoli. Partire però da un esame del contesto in cui oggi vive la professione può giustificare un nuovo codice che possa aprire prospettive per il futuro. Dobbiamo prendere coscienza della crisi della professione e provare a ridefinire il nuovo ruolo del medico all’interno della società. Per fare questo abbiamo un unico strumento, il Codice: quindi cambiare il Codice per dare risposte al contesto attuale, che ci crea una serie di problemi, provando a orientare l’esercizio della professione in maniera diversa. Come Federazione abbiamo iniziato con le “100 Tesi” del Professor Ivan Cavicchi per discutere il medico del futuro, avviando una stagione interessantissima, interrotta bruscamente dalla pandemia. Abbiamo quindi ripreso il cammino con la costituzione di un board composto da due giudici della Cassazione, giuristi, giornalisti, esperti di comunicazione, ingegneri, universitari, esperti ambientalisti, filosofi, sociologi, economisti; un percorso, iniziato lo scorso giugno e concluso a novembre con un convegno, all’interno del quale si è provato ed enucleare le spinte innovative da inserire all’interno del Codice: dal tema dei diritti, per noi essenziale, alla comunicazione, che è tempo di cura, al tema dell’intelligenza artificiale: un computer un domani sarà sicuramente più bravo di noi a fare diagnosi, ma questo è sufficiente o la proposta diagnostica della macchina dovrà essere guidata dal medico e applicata al paziente?”.

“Vi è poi – prosegue Anelli – il nuovo tema del rapporto con l’ambiente, la tutela del mondo animale e vegetale influisce nettamente sulla nostra salute e questo aspetto non può essere escluso dal Codice; infine il tema dell’autonomia e della responsabilità, elementi fondanti della professione. Bisogna accettare la sfida del futuro, in cui la consapevolezza dei diritti che appartengono ad ogni persona umana ha trasformato la società e conseguentemente sta trasformando il nostro essere medico. La situazione attuale è dunque una straordinaria occasione per ragionare sulla nostra professione e realizzare appieno quello che prevede la Costituzione: sono tanti i diritti che i medici possono garantire. Abbiamo la necessità di fare un cambio di paradigma, con il medico che non è medico della malattia, ma della persona. Penso che il Covid abbia fatto riscoprire un ruolo fondamentale della professione, che, se funziona, consentendo di mantenere una buona salute oggi permette il progresso. Siamo di fronte a una stagione difficile, ma continuare a sognare sui nostri valori, immaginare una società fondata sui diritti e non sui soldi posseduti e lavorare perchè il medico sia una parte fondamentale di questa società, penso rappresenti una sfida straordinaria che appassiona migliaia di persone che ragionano su questi temi e vogliono cambiare la nostra professione: a queste persone dico grazie, state rendendo possibile un sogno”.

IL CONTRIBUTO DEL GRUPPO DI STUDIOMarcello Valdini ha tracciato un excursus sulla storia del Codice Deontologico della professione: “L’esordio della deontologia medica – ha ricordato – può essere datato alla fine del 1700 con il Galateo del medico di Bergamo Giuseppe Pasta (1791), che ha avuto diverse edizioni. Altri “Galatei” sono comparsi nel successivo periodo, sono pensieri sul modo con cui rapportarsi con i pazienti, consigli dettati dall’esperienza e rivolti specialmente ai giovani colleghi; a differenza dei “Galatei”, elaborazioni di singoli medici, i Codici costituiscono la risultante di una elaborazione corale e condivisa e risentono del clima culturale, sociale e etico. Il primo Codice Deontologico d’Italia nacque a Sassari nel 1903: prima ancora che nascessero gli Ordini dei Medici – la legge istitutiva risale al 1910 – i medici si erano quindi già organizzati, dotandosi in alcuni casi di un codice comportamentale per regolare i rapporti con i malati e tra gli stessi medici. Il primo Codice deontologico unificato, frutto della fusione di più codici locali e valido su tutto il territorio nazionale, risale al 1924. Nel 1953, la neo costituita FNOM affida al Prof. Cesare Frugoni la presidenza di una commissione deputata alla rielaborazione del Codice Deontologico Nazionale, licenziato l’anno successivo e approvato dal Consiglio Nazionale degli Ordini quattro anni dopo, nel 1958. A questo seguiranno altre sei edizioni, fino a quella del 2014”.

“Il Codice attualmente vigente – sottolinea Valdini, che è anche componente della Consulta Deontologica Nazionale – è identico nella struttura e nella forma ai precedenti, nonostante negli ultimi cento anni siano intervenuti radicali mutamenti culturali e sociali. Il metodo utilizzato per l’elaborazione, infatti, è sempre rimasto il medesimo: si prende in considerazione un’azione, censurabile o lodevole, e la si codifica, proibendola o stimolandola, oppure si regolamentano i rapporti tra i sanitari. I vari articoli vengono quindi raggruppati in titoli o capi a seconda della loro omogeneità”. Ciò che nel tempo ha modificato la visione – fa notare il relatore – è il progressivo affermarsi dell’istituto del consenso, che ha determinato un lento ma progressivo cambiamento di direzione dal paradigma “medico-centrico” a quello “assistito-centrico: “La necessità di una riscrittura – afferma quindi Valdini – sta proprio nella inalterata metodologia di redazione del Codice, una fissità che ha consentito nel tempo la coabitazione di articoli in manifesta antinomia tra loro”.

Anche l’avvento dell’intelligenza artificiale impone per Valdini una riscrittura del Codice: “Intelligenza artificiale e informatizzazione operano una mutazione della figura nel medico, con visite e consulti sempre più affidati alla telemedicina, alle e-mail, alla messaggistica, al telefono; un modus operandi, recentemente esploso con il distanziamento a causa della pandemia e poi non più rientrato, da cui deriva una messa in discussione di parti importanti del Codice”. Un altro aspetto caratterizzante del nuovo Codice, a giudizio di Valdini, dovrebbe riguardare le sanzioni, “con la predeterminazione delle stesse per ogni singolo illecito e la previsione anche di una forbice edittale o, nel caso della sospensione, quantomeno di un massimo edittale”. Questo per consentire, per quanto possibile, “una omogeneità di trattamento sanzionatorio, evitando influenze di carattere territoriale, culturale e etico morale”. “Sarebbe poi opportuna – aggiunge Valdini – anche la presenza di un glossario “per evitare fraintendimenti” e, a completamento, alcuni “riferimenti etico-deontologici”. “Proponiamo – ha concluso – una ristrutturazione secondo questi assi: una definizione dell’essere medico, dei doveri, dei divieti, dei compiti, dei diritti e delle sanzioni: in ogni asse confluiscono gli atti da compiere o da evitare, quelli squalificanti o qualificanti, così da avere un corpo omogeneo e una concreta guida nella quotidianità”.

ETICA E BIOETICA NEL CODICE DEONTOLOGICO – Per il bioeticista Maurizio Mori “è arrivato il tempo che i medici prendano consapevolezza che il mondo è cambiato: non è vero che la cura è sempre la stessa, cambia, e quindi bisogna cambiare anche le regole di condotta e i valori ispiratori per adeguare le norme alla vita sociale”. “L’etica – spiega – è un’istituzione psicologico-sociale che ci porta a agire spontaneamente e per intima convinzione: in etica facciamo quel che facciamo perché riteniamo giusto farlo. Gli uomini sono animali sociali e l’etica garantisce quel coordinamento che assicura il benessere. Ciò significa che le norme dell’etica cambiano a seconda delle circostanze storiche, ma da Ippocrate, e fino agli anni ’70 circa, le circostanze storiche circa la medicina non sono sostanzialmente mutate e quindi le norme dell’etica medica sono sembrate essere assolute, cioè senza eccezioni, eterne e sempre uguali”. La Rivoluzione biomedica – sostiene Mori – ha cambiato la medicina, “che non è più quella di una volta, e ha sollecitato la bioetica, la quale ha mostrato che le norme dell’etica medica non sono assolute ma prima facie, ossia ammettono eccezioni e non sono eterne. La bioetica è una nuova etica senza assoluti che impone una nuova scala di valori. Ecco perché sollecita un rinnovamento della deontologia”.

“Ogni società – l’analisi del relatore – ha un’etica che consente il coordinamento generale: l’etica è come la lingua madre che unifica una nazione. Allo stesso modo, quando la società si fa complessa e stratificata in gruppi particolari, ciascuno di essi ha un proprio particolare coordinamento in base alla specifica etica professionale. Le etiche professionali hanno il compito di proteggere e far fiorire il gruppo, e in certe circostanze possono andare in conflitto con la società generale. Anche l’etica medica si è sviluppata per tutelare e far fiorire una professione che opera in un contesto complicato: quando le persone sono fragili e pronte a accusare il medico. La deontologia è cambiata e deve cambiare ancora di più perché la medicina è cambiata e quindi va modificato il tipo di coordinamento richiesto”. Secondo Mori, ci sono altre ragioni per cui la deontologia medica andrebbe cambiata: “Come rileva Carlo Lega (1978) sino a allora la deontologia non discuteva affatto la natura della prestazione, oggi invece problemi deontologici riguardano la natura della prestazione, perché ci sono tecniche diverse. Un tempo, inoltre, il diritto sanitario non c’era e quindi la deontologia ha svolto un ruolo di supplenza, oggi c’è e la deontologia deve trovarsi un altro compito e un altro ruolo. L’etica, infine, è per lo più inconsapevole e non si può avere un Codice che cambia frequentemente”.

UNA PROPOSTA PER IL NUOVO GIURAMENTO – Il dottor Umberto Gandi ha invece presentato la proposta per un nuovo Giuramento elaborata dal Gruppo di lavoro: “Il Giuramento – ha sottolineato – è stato lo strumento guida nei secoli per tutti i medici, ma il drastico cambiamento dei tempi e della legislazione ne impongono una rilettura e una riscrittura, tenendo però sempre presente che nessuna moda o legge può ribaltare, imporre o costringere all’abiura la coscienza del medico, e che le sue azioni, se guidate da scienza e coscienza, non possono essere messe in discussione”.

Questo il testo presentato:

Consapevole della solennità e dell’irreversibilità dell’impegno che assumo giuro:

di esercitare la Medicina con competenza e responsabilità, in libertà e indipendenza di giudizio e di comportamento, rifuggendo da ogni condizionamento e previo il consenso della persona cui i miei atti sono diretti;

di perseguire la tutela della salute fisica e psichica dell’uomo e il sollievo dalla sofferenza, cui ispirerò con costante impegno scientifico, culturale e sociale, ogni mio atto medico;

di curare la persona con dedizione, prescindendo da ogni tipo di discriminazione;

di proteggere la vita e la dignità del paziente, secondo coscienza, nel rispetto del principio di autodeterminazione individuale e nell’osservanza della legge;

di attenermi ai principi di solidarietà e umanità nel rispetto della persona, contro la quale non utilizzerò mai le mie conoscenze;

di astenermi da accertamenti diagnostici ovvero da provvedimenti terapeutici inutili, inadeguati, inappropriati per la vita e la validità della persona, tenendo conto della miglior scienza disponibile;

di stabilire la relazione di cura promuovendo un’alleanza terapeutica con il paziente fondata sulla vicendevole fiducia e sulla reciproca informazione, nel rispetto e nella condivisione dei principi cui si ispira l’arte medica;

di mettere le mie conoscenze ed esperienze a disposizione del progresso della Medicina e di trasmetterle al collega più giovane, favorendone la crescita professionale nonché etico-morale;

di affidare la mia reputazione professionale esclusivamente alle mie effettive competenze e alla pratica medica esercitata;

di evitare, anche al di fuori dell’esercizio della professione, ogni azione che possa ledere il decoro e la dignità dell’essere medico;

di rispettare le opinioni dei colleghi anche in caso di contrasto, di tenere in conto le maggiori competenze ed esperienze e di mantenere la giusta deferenza verso i colleghi più anziani;

di facilitare il diritto di ognuno alla libera scelta del medico;

di prestare assistenza d’urgenza a chi ne abbisogni e di mettermi a disposizione dell’Autorità competente in caso di pubblica calamità;

di osservare il segreto professionale e di tutelare la riservatezza su tutto ciò che mi è confidato, che vedo o che ho veduto, inteso o intuito nell’esercizio della Medicina o in ragione del mio stato;

di prestare la mia opera in scienza e coscienza, con diligenza, perizia e prudenza e secondo equità, osservando i principi che regolano l’esercizio della Medicina e gli scopi della mia professione.

“NOTERELLE” GIURIDICHE – L’avvocato Cosimo Maria Pricolo ha tracciato un parallelismo tra precetto deontologico e quello penale: “Hanno profili in comune, entrambi possono consistere in un divieto o in comando e prevedono sanzioni che possono incidere sui diritti individuali. Se però un reato, per essere definito tale, deve recare un pericolo o un danno a beni o interessi che lo Stato protegge, è invece sufficiente la violazione di un dovere per realizzare un illecito deontologico; il diritto penale inoltre non punisce condotte che magari tutti i consociati considerano non etiche, ma quelle che recano un danno sociale”. “Quello che è illecito deontologico – ha sottolineato – non necessariamente è illecito penale e viceversa. La norma penale si incardina sul principio di legalità, fissato anche dalla Costituzione: ciò significa che deve tipicizzare il comportamento, ossia spiegare cosa è un reato, principio che non vale in materia deontologica. La norma deontologica non è cioè obbligata a spiegare e delineare tassativamente quale sia il comportamento vietato; soprattutto al di fuori dell’esercizio professionale, è possibile sanzionare comportamenti scorretti quando incidono sul decoro della professione”.

Dobbiamo allora preoccuparci della certezza del precetto a fronte di una sanzione che può essere molto severa? Secondo Pricolo, “concetti come quello di “dignità” per loro natura non sono rigidi, ma elastici e fluidi e per questo possono costituire ragionevoli valvole di collegamento tra la prescrizione deontologica e quelle che sono le evoluzioni della società, della cultura, dei costumi, del modo di essere medico che non può essere cristallizzato. Quello che contrasta con la dignità oggi, può non essere più contrario domani; nelle interpretazioni serve naturalmente equilibrio e prudenza”.

“Il principio dell’amore, dell’umanità, dell’empatia, della solidarietà restano valori assoluti che sono più importanti di una codificazione dettagliata – è il parere del collega Francesco Bellocchio -. Oggi la situazione è molto complessa e vi sono casi che pongono conflitti anche gravi tra la legge dello Stato e quella morale, nei quali se il medico si comporta con umanità ma contro la Legge dello Stato rischia anche la sanzione deontologica; per contro, ci sono situazioni in cui se il medico si attiene alla legge dello Stato non rischia nulla sotto il profilo deontologico, neppure se la sua condotta è moralmente discutibile. E su questo penso ci si debba interrogare e provare a dare risposte”.

“Credo – la riflessione di Bellocchio – che in una società nella quale esiste una grande aspettativa verso una risposta immediata, dove si pretende di essere guariti e si è pronti a denunciare il medico che non riesce a farlo, sia indispensabile cercare di tutelare i medici e aiutarli a svolgere la loro professione nel modo migliore, inserendo nel Codice di Deontologia una norma per la quale il professionista che in buona fede si sia attenuto a prudenza, perizia e a valori di solidarietà umana, non debba essere sanzionato in ambito disciplinare; potrà essere sanzionato dalla legge dello Stato, ma ritengo sia ingiusto venga sanzionato disciplinarmente”. Il convegno si è chiuso con una tavola rotonda moderata dal Presidente dell’Ordine dei Medici di Parma, Pierantonio Muzzetto, coordinatore della Consulta Deontologica Nazionale.

VIDEO

Presentazione e saluto delle autorità 

Verso la revisione del Codice di Deontologia Medica – Dott. Filippo Anelli

Il contributo del Gruppo di Studio al progetto del nuovo Codice – Dott. Marcello Valdini

Etica e bioetica nel Codice di Deontologia Medica – Prof. Maurizio Mori

Una proposta per il nuovo Giuramento – Dott. Umberto Gandi

Noterelle giuridiche per un nuovo Codice Deontologico – Avv. Cosimo Pricolo, Avv. Francesco Bellocchio

Tavola rotonda – Moderatore Dott. Pierantonio Muzzetto